Manuale di NON scrittura creativa/11

Regina-Biancaneve

Immagino che sia un po’ come quando vuoi restare incinta e in giro vedi solo pancioni, ma ultimamente mi capitano fra le mani romanzi sull’arte di raccontare. Che si tratti di seguire la genesi di un libro, di una voce narrante che diventa protagonista o dell’insistere sulla coerenza del punto di vista, sono tutte storie in cui la volontà di raccontare diventa evidente. Il lettore si sente accolto, inglobato nello sguardo che gli offre la storia, partecipe.

È così semplice, in realtà, mi sono detta. È tutto qui. Aver voglia di raccontare, una storia da offrire, un universo da svelare.

Sembra banale, ma allora come mai ci ritroviamo così spesso a leggere l’equivalente letterario di un selfie? Diari adolescenziali travestiti da romanzi, che con i diari condividono soprattutto il bisogno di definire un’immagine di sé, stretta fra aspettative pubbliche e aspirazioni private. E con i selfie invece il bisogno e la presenza di un pubblico adorante.

Il mondo della scrittura visto dai social spesso è deprimente, diciamocelo. Gli scrittori dovrebbero scrivere storie, non scrivere delle storie che hanno scritto o che scriveranno. E gli scrittori sui social secondo me dovrebbero parlare di meno e ascoltare di più. Ascoltare i lettori, i loro pareri e le loro storie, cogliere emozioni, spunti, opinioni. Dovrebbero approfittare dello scomodo privilegio di scoprire in diretta che cosa diventano le loro storie agli occhi di chi le legge. Perché se dedicano tanto tempo a offendersi per un parere negativo, a gridare al complotto, a elemosinare recensioni, a fare la ruota sotto la definizione di “scrittore”, finiranno per dimenticarsi che il loro compito è solo raccontare storie, non raccontare se stessi. E che una storia per prendere vita ha bisogno della magia dell’ascolto, di quel momento in cui si abbandona il presente per scivolare in un tempo e in luogo diverso trasportati dalle parole, complici, chi narra e chi ascolta.

Ma per riuscirci bisogna essere in due, le storie non si raccontano davanti allo specchio, soprattutto se le raccontiamo nella speranza di sentirci dire che siamo le più belle del reame.

Per raccontare, insomma, bisogna ricordarsi di ascoltare, ogni tanto.

4 risposte a "Manuale di NON scrittura creativa/11"

  1. L’ascolto è fondamentale. Crea empatia e una speciale magia che lega scrittori e lettori. Poi c’è la parte Narciso in ogni scrittore, il suono delle parole che come un selfie devono essere belle per tutti. Non è così. Allora come un’amante bella, ma ferita nell’orgoglio gridiamo al complotto. L’ho fatto anche io questo errore. Ho ricevuto una critica che non riuscivo a digerire, e ho detto Non è possibile. Mi ero innamorata di me stessa e delle mie parole. Non ho ascoltato, quando l’ho fatto è cambiato un po’ l’universo intorno a me. La scrittura non è egocentrica anche se chi scrive è uno. E’ policentrica perchè i lettori sono tanti.

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  2. È un commento davvero bello, oltre che molto sincero e molto vero. Ci siamo caduti un po’ tutti, credo. Più possibilità ci offrono di ascoltare gli altri più cerchiamo la nostra eco. In fondo, è così anche nelle chiacchiere da bar. Grazie, Samantha!

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  3. Mi sono detta: forse non è strano che questo post abbia solo due commenti. E’ davvero la cosa più difficile ascoltare i consigli degli altri. Per me ha voluto dire ‘blocco’, ma ogni volta che tento di tornare alla mia storia originale, capisco che il consiglio di riscrivere con punto di vista esterno è quello giusto. Sono convinta che la mia storia sia buona, meno sicura delle mie capacità di renderla succosa per un lettore. Ora ho riscritto 40 pagine e ancora sto cercando… anche qui tra i tuoi sinceri consigli.

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