
Poi c’è l’errore del pesce rosso, diffuso come il pesce da cui prende il nome.
L’errore del pesce rosso è quello in cui cadono le storie che si svolgono nel nulla, in una sorta di vuoto a perdere dove il più delle volte non troviamo neanche un’alghetta finta o un po’ di ciottoli sul fondo. I personaggi parlano, agiscono, si disperano, gioiscono nella loro vaschetta e il lettore li guarda un po’ come guarderebbe un pesce rosso, appunto. Dietro il vetro. Immersi nel nulla.
Quando va bene, sul vetro l’autore ha appiccicato un’etichetta con un’indicazione frettolosa del genere “si spostano in camera da letto” o “passeggiando al parco”, ma se cercate di capire, chessò, se la camera è luminosa o buia, se ha tende colorate alle finestre, se dà su una strada rumorosa o su campi sterminati, o se il parco è deserto o affollato, se tirano folate improvvise di vento, se il terreno è coperto da foglie autunnali o da aiuole vivaci, avrete un bel provare a incollare il naso contro il vetro della boccia. Dove si muova il pesce rosso resta un mistero, di cui deve farsi carico la vostra immaginazione.
Peccato che l’immaginazione, a differenza del pesce rosso (o forse proprio come lui) dopo cinque minuti nella boccia, senza uno straccio di atmosfera a cui aggrapparsi, un dettaglio insolito, una nota musicale, un raggio di luce che disegna ombre curiose sul vetro, finisca con l’annoiarsi e pensare a qualcosa di più emozionante, tipo la lista della spesa. E a quel punto la trasformazione in pesci rossi è compiuta, perché i vostri personaggi inizieranno anche a boccheggiare senza che al lettore importi un fico secco di quel che si dicono.
Se state leggendo questo Manuale sapete già che l’intenzione non è incoraggiarvi a scrivere, è esattamente l’opposto: mettervi in crisi, farvi incazzare, riempirvi di dubbi, perché solo così avrete la prospettiva giusta sulla vostra storia. Al calduccio e felici non si scrivono le storie migliori. Le idee giuste vengono quando siamo stanchi e infreddoliti, quando abbiamo bisogno, mai a pancia piena.
Alle domande da porsi a manoscritto ultimato che ho descritto nei post precedenti, per evitare di spendere un capitale in francobolli, aggiungete allora la Domanda del pesce rosso. Tornate indietro fra le pagine, guardate agire, parlare, soffrire i vostri personaggi e ignorate quello che si dicono, proprio come ignorereste i balbettii del pesce rosso, per concentrarvi invece esclusivamente sul posto in cui si trovano.
E se la risposta è «Quale posto?» potete iniziare a mettere via i francobolli e riaprire il file al computer.
Ecco, non c’è bisogno che vi dica che l’errore successivo è quello del Catalogo Ikea, in cui invadete la boccia del povero pesce rosso di mobili e suppellettili non richieste, di cui non sa cosa fare e che non gli lasciano lo spazio neanche per un colpetto di pinna. Non è necessario che includiate un registro esaustivo dei visitatori del parco nei dieci minuti in cui i vostri personaggi lo attraversano. Ma se c’è un dettaglio che può ravvivare il loro dialogo, qualche personaggio curioso che può fare da segno di interpunzione e, ancora meglio, rafforzare il clima emotivo della scena, il pesce rosso sarà felicissimo di fargli posto.
Allora, per citare una fonte indiscutibile come Ariel la Sirenetta, «Non fate i pesci rossi». Ma non cercate neanche di avere un controllo ossessivo degli ambienti. Funziona un po’ come con le stanze dei figli, noi ci mettiamo i mobili, ma se la camera avrà un’anima sarà soltanto grazie a loro. Lasciate fare ai personaggi, ogni tanto, chissà mai che non trovino una forchetta in una nave affondata e decidano che serve per arricciare i capelli. Altro che pesci rossi.
Sono d’accordissimo Mara! A volte si leggono storici che potrebbero essere ambientati in qualsiasi periodo, o contemporanei che mancano di carattere proprio perché privi, come se fossero stati messi in candeggina (povero pesce rosso!), di particolari o di dialoghi di personaggi che potrei definire solo come caratteristi. Che non sono fondamentali alla trama, ma che aiutano a renderla più interessante e viva.
Yours truly
Viviana
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Alla candeggina non avevo pensato, ma il passo successivo è senz’altro il pesce rosso in candeggina, hai ragione!
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Non li avrei mai catalogati così questi due errori ma mi hai fatto sorridere. Effettivamente è così. Il luogo in cui agiscono i personaggi potrebbe essere un personaggio esso stesso o l’abito con cui i personaggi si muovono ma deve essere presente. E’ un presente attivo. Se due personaggi parlano in un bar di Caracas o di Parigi cambiano le voci o riferimenti. Non basta scrivere la città, il lettore vuole nuotare insieme al pesce rosso e più c’è immedesimazione e più lo scrittore è riuscito nel suo intento, trascinare un bel pesce cane nella vasca dei pesci rossi. Sai che il primo racconto in assoluto pubblicato si intitolava: Nella vasca dei pesci rossi. Parodia rivisitata della favola di Pinocchio con personaggi più ironici e strampalati.
Sempre un piacere leggere i tuoi post
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Grazie Samantha! E viva la vasca dei pesci rossi! 🙂
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Post fondamentale oer chi voglia affrontare l’impegno della scrittura. Trovare il,giusto equilibrio tra la boccia vuota e il catalogo dell’ikea è IL problema. L’ambiente conta moltissimo. Come lettrice pretendo di sentire odori, rumori, percepire colori, farmi avvolgere. Come autrice faccio il possibile, alle volte sbagliando. Ricordo anni fa, agli inizi di questa avventura, la paranoia di voler indicare strade, svolte, semafori, alberi, insegne come sono nella realtà. Poi ho letto Io uccido di Faletti (che ho comunque apprezzato come autore) e ho preso nota del fastidio della corsa in auto per Montecarlo con tutte le svolte e le rotatorie. Nonostante una pubblicazione prestigiosa e molto pompata,nessuno pensò bene di cassare quella parte. Mi servì, comunque, per imparare a non compiere più lo stesso errore.
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Grazie per il commento, Laura!
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L’ha ribloggato su Through the Wormholee ha commentato:
Pesce rosso VS Catalogo IKEA…
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