
La riscrittura arriva molto più vicino al processo creativo di quanto non faccia la scrittura, il che spiega fra l’altro perché sia più difficile da insegnare. Di manuali sulla scrittura sono pieni gli scaffali delle librerie, virtuali e non, ma di testi dedicati alla riscrittura ne esistono molti meno.
Innanzitutto c’è un equivoco di fondo da chiarire: non si riscrivono solo i testi che non funzionano. Anche un romanzo riuscito può essere riscritto, perché no? Per provare a esplorare la storia da un’angolazione diversa, per allungarla magari, farla diventare più seria, più spiritosa, più esplicita… Le ragioni possono essere le più svariate.
Nella mia esperienza, riscrivere è come sbirciare sotto la storia originaria, per scoprire che cosa nasconde. Un personaggio può avere un vissuto molto più interessante e ricco di conseguenze narrative di quanto sembri. Qualcosa nel suo passato può non solo aiutarci a definirlo meglio, ma portare avanti la storia, spingerla in una direzione leggermente diversa.
Un luogo può essere più ricco di dettagli di quelli che sono arrivati sulla pagina. Dettagli che è importante menzionare, perché conferiscono un’atmosfera del tutto nuova alla storia, aggiungendovi significato. Frasi che completano le conversazioni, gesti che chiariscono le emozioni del momento, oggetti che reclamano un posto sulla scena…
Ma è sul piano strutturale che la riscrittura riserva le sorprese più emozionanti. Scoprire che fra due personaggi esiste un legame più intimo e intenso di quel che credevamo alla prima stesura, scoprire che qualcun altro al contrario è più utile da morto che da vivo, o non è utile affatto.
E poi quel momento particolarmente magico in cui ti accorgi di aver sempre girato intorno a quel che ti stava a cuore davvero, per paura di non saperlo raccontare, di averlo relegato in un angolo, in una trama secondaria, e aprire la porta di quella storia, concederle più spazio e lasciare che si prenda – finalmente – l’importanza che meritava e che aveva sempre avuto.
La riscrittura è sfuggente e delicata, come le idee, che nel momento in cui si impongono spazzano via le tracce che si sono lasciate alle spalle, come un personaggio in fuga sulla neve. Ma soprattutto la riscrittura è azzardata, e ha qualcosa di rivoluzionario e di ribelle.
Di tutti i cambiamenti portati dal digitale, questo secondo me è quello destinato a lasciare le conseguenze più durature: la possibilità di intervenire sui testi in modo quasi immediato, privandoli della immobilità a cui ci aveva abituati il cartaceo. Il digitale ci ha riportati alla magia della narrazione orale, con la sua immediatezza, la sua padronanza assoluta sul racconto e la sua capacità di trasformare le storie ogni volta, raccontandole, consegnandole all’istante in cui le parole si fanno storia.
Quell’istante in può succedere davvero di tutto.
Riscrittura come riscoperta di una storia, di un personaggio e di noi stessi in fondo, sottoposti al mutamento costante del divenire.
Questo manuale mi piace sempre di più!
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Grazie Alice! Esatto, anche di noi stessi, hai proprio ragione. Ogni riscrittura ci aiuta a conoscerci un po’ meglio, in fondo! 🙂
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Bello, mi piace, perchè è proprio quello che dovrebbe succede con i libri. Lasciare che ci parlino e ci portino per strade sconosciute o dimenticate.
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Quando avevo pensato a questo post all’inizio avevo pensato proprio alle strade. In fondo, scrivere è un po’ come camminare. E ogni volta notiamo qualcosa di diverso. Come dici giustamente tu, però, solo se sappiamo ascoltarle. Grazie!
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Quando camminiamo da soli, scaviamo, passo per passo, sempre un pò dentro di noi. Non importa dove ci troviamo: se in una città, al mare, in campagna, in montagna. L’importante è ascoltarsi. sentire quello che dobbiamo raccontarci. Ed io, credo, che questo sia la riscrittura: un percorso solitario, e necessario, per rinsavire ogni giorno.
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Sono d’accordo! E anch’io penso che esistano molte attività fra lo scrivere e il camminare.
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