La mia mamma lavora perché se no marcisce dentro

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La mia mamma lavora, ma non vuole che io lo dica. Perché dice che il suo non è un lavoro come quello delle altre mamme. E che le cose complicate da spiegare a volte è meglio non spiegarle del tutto. A me in realtà non sembra tanto complicato da spiegare. Però l’ultima volta che ho detto che la mia mamma lavorava, Matteo ha gridato a tutti che ero un bugiardo e ci siamo presi a spintoni e la maestra mi ha detto che non dovevo dire bugie, che la mia mamma non lavorava, si occupava della casa. E io le ho risposto che non era vero, che della casa si occupava la signora Eugenia, che viene a fare le pulizie, non la mamma. La maestra ha detto che allora a maggior ragione non dovevo dire bugie e io quel “a maggior ragione” non l’ho mica capito, perché se una cosa è una bugia non si dice, punto. Solo che la mia non era una bugia. Così è andata a finire che la maestra ha chiamato la mamma perché voleva parlarle. La mamma ci è andata e quando è uscita era molto arrabbiata. Mi ha detto che le maestre a volte non capiscono proprio un cavolo, ma che era meglio che non dicessi neanche questo.

Quella sera poi hanno litigato anche lei e il papà, quando io ero già andato a dormire, ma in realtà non dormivo perché mi ero alzato per cercare il coniglio Emilio che era rimasto incastrato sotto i cuscini del divano e non lo trovavo più.

Non ho capito bene quello che dicevano, perché alla mamma quando si arrabbia le scappano fuori le parole difficili, come maschiolista o retrogado. Il papà invece quando si arrabbia parla a voce bassa bassa e quindi non sentivo neanche lui, tranne quando ha detto “farci ridere dietro” e quello sì che l’ho sentito, perché da quel giorno ho sempre paura di far ridere visto da dietro.

Comunque, anche se non dovevo cercare il coniglio Emilio, l’avrei capito lo stesso che la mamma e il papà avevano litigato, perché quando litigano la mamma poi mi fa sempre il discorsetto, cioè parla tutta seria e mi dice quello che pensa il papà come se lo pensasse lei e poi alla fine non ce la fa più e mi dice quello che pensa davvero, ma lo dice veloce veloce e poi la chiude lì.

Così quel giorno mi ha parlato delle donne avvocato e delle donne operaio e delle donne casalinghe e delle donne che fanno sempre molta fatica perché credono che sia giusto così, che le donne siano nate per fare fatica. E credono di poter fare le cose che amano solo quando hanno finito di fare fatica, ma di fare fatica non si finisce mai, mi ha detto, perché c’è sempre qualche altra cosa da fare. E mi ha detto anche che a volte sono proprio le donne che vogliono che le altre donne facciano fatica e se non lo fanno parlano malissimo di loro. E che io da grande dovevo fare come il papà, che invece la capiva e la rispettava, ma lì si è impappinata un po’ e non è che abbia capito molto. E poi fra tutte quelle donne mi ero un po’ perso.

La mamma mi ha spiegato anche che alla signora Eugenia piace molto cucinare le torte e ogni tanto riesce a venderle e ogni tanto no, e deve mangiarsele lei. Però anche se le mangia lei e nessuno la paga, la fatica per cucinarle l’ha fatta lo stesso. Ma alla signora Eugenia non importa, perché a lei piace tanto cucinare e lo fa per essere felice. Perché se non cucina torte diventa triste e si sente troppo piena dentro. E ha detto che ci sono persone che cucinano torte e ci sono persone che dipingono quadri, come fa la mamma, e che l’importante è fare qualcosa che ti rende felice, anche se gli altri poi non ti capiscono e non comprano quello che fai.

Mi ha spiegato che le persone hanno tutte qualcosa di speciale e non devono mai tenerselo dentro, perché marcisce e puzza e le fa stare male. Devono sempre buttarlo fuori, in qualche modo. Però la signora Eugenia le torte le mangia e quindi le tornano dentro, ho detto io. Così è di nuovo troppo piena e deve ricominciare da capo. E mia madre ha sorriso e ha detto che era proprio così. E allora io ho detto che la signora Eugenia era fortunata e che da grande volevo mangiare torte anch’io, che era il lavoro più bello del mondo, e mia madre mi ha dato un bacio tutta felice e mi ha detto che per fortuna i bambini capiscono sempre tutto. Anche se io in realtà non è che ci avessi capito molto.

Poi le ho chiesto se era per questo, per le torte della signora Eugenia, che lei e il papà avevano litigato la sera e mia mamma mi ha detto di no, cioè sì, e che era meglio che io non dicessi più che lei lavorava, perché ci sono persone che pensano che dipingere un quadro, se non ti paga nessuno, non è un lavoro, e allora credono che hai detto una bugia.

E poi è arrivata la parte migliore del discorsetto che è quando mia madre mi abbraccia forte forte e mi dice che sono il bambino migliore del mondo. E alla fine mi ha detto di non dire a nessuno delle torte della signora Eugenia perché lei in realtà non ha il permesso per venderle, ma tanto io sono bravissimo a tenere i segreti.

In conclusione, la mia mamma lavora perché se no marcisce dentro, non fuori come le torte della signora Eugenia, perché i quadri non marciscono, al limite finiremo le pareti e dovremo appenderli sul soffitto, come dice sempre il papà.

(Tratto dall’antologia Buon lavoro, edita da Emma Books)

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2 risposte a "La mia mamma lavora perché se no marcisce dentro"

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