Per molti uomini (e forse anche per qualche donna) l’orgasmo femminile è l’equivalente di un mazzo di fiori al primo appuntamento: un gesto galante, non indispensabile, ma segno di grande cavalleria, oltre che di una mente aperta e progressista.
Ci sono uomini che ti chiedono “Sei venuta anche tu?” con lo stesso tono affettato e premuroso con cui ti chiederebbero se ti sei fatta male dopo una brutta caduta e l’espressione compiaciuta di chi ti tiene aperta la porta del ristorante invece di sbattertela in faccia.
L’orgasmo femminile è un anello con diamante, la panna sulla cioccolata, il fiocco sul pacchetto. Insomma, è un extra. Del resto, diciamolo, prima che Sally venisse a romperci le uova nel paniere con la scena al ristorante, a volte era molto più facile rifilare un falso orgasmo che dare indicazioni impossibili, roba che neanche con i puntini di Google Maps. Più a destra, così, un po’ più a sinistra. Procedi in direzione nord-ovest per cinque minuti.
In realtà, l’orgasmo femminile è un extra come il gin nel gin tonic, non ci dovrebbe neanche essere bisogno di precisarlo. E forse non verrebbe considerato tale se avesse diritto di cittadinanza anche al di fuori della relazione sessuale, invece di cadere vittima dei pregiudizi di cui soffre tutto ciò che riguarda esclusivamente le donne, ossia tutto ciò che non fa di noi strumenti di cura e di piacere (altrui). L’orgasmo femminile, a ben pensarci, è parente stretto della Sindrome dello Strofinaccio, perché rientra nell’elenco di cose che riguardano noi e noi soltanto, e che proprio in quanto tali hanno qualcosa di sconveniente, fastidioso e soprattutto superfluo. Se la Sindrome dello Strofinaccio è la tendenza delle donne a dedicarsi a se stesse senza sensi di colpa solo dopo aver soddisfatto i bisogni altrui, l’orgasmo rischia di rientrare alla perfezione nella categoria.
Ecco perché sono felice di sapere che uscirà un libro che parlerà di orgasmo femminile e che lo farà rivolgendosi alle donne, ascoltandole, coinvolgendole. Ecco perché risponderò al sondaggio indetto da Fabbri (online a partire da oggi, per un mese) e pensato per la stesura del libro, dal titolo più che eloquente di Vengo prima io. Perché sono convinta che l’unico modo per smettere di considerare l’orgasmo femminile un extra sia parlarne, parlarne, parlarne e ancora parlarne. Qualcuna avrà bisogno di pareri scientifici, qualcun’altra di una voce amica, qualcuna solo di conferme, altre di tutta l’enciclopedia. Non importa. Non dobbiamo dimostrare niente a nessuno, né partire alla ricerca del punto G con lo spirito d’avventura di Indiana Jones e la precisione e l’efficienza di un cartografo. L’ansia da prestazione possiamo lasciarla agli uomini. Fra donne non importa se a qualcuna basta schioccare le dita e qualcun’altra invece ci ha rimesso un tendine senza provare niente. Non importa se siamo arrivate a cinquant’anni senza avere capito un tubo, se consideriamo i vibratori volgari o se ci vergogniamo anche solo a dirlo a voce alta. Non è mai troppo presto e non è mai troppo tardi. Basta parlarne.
L’orgasmo femminile non è un tabù, ma non è neanche una provocazione. Non è trasgressivo, non è sfrontato, non è nemmeno obbligatorio. Di certo non è una dichiarazione di guerra. È semplicemente uno dei tanti modi in cui possiamo prenderci cura di noi stesse. Di noi stesse e basta.
Basti pensare che è stata inventata la pillola blu per garantire risultati e durata agli uomini, ma l’ equivalente per la donna non ha avuto successo o seguito. Immagino che la psiche per l’orgasmo femminile la faccia da assoluto padrone( certo la competenza maschile è un serio coadiuvante!)
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Giusto!
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a me pare che di orgasmo femminile si parli e giustamente. Poi nel sesso dvremmo essere ognuno il soggetto e l’oggetto di piacere della donna amata o dell’uomo amato e ognuno si dovrebbe prendere cura del piacere dell’altro oltre che del proprio
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Orgasmo femminile. Ma anche genitali femminili = questi sconosciuti. Da parte di molti uomini e, purtroppo, anche di molte donne. Ricordo ancora il primo giorno di Università (facoltà di filosofia): prima lezione del collettivo politico (come si costruisce una bottiglia molotov) e prima lezione del collettivo femminista (come esplorare il proprio sesso, grazie a uno specchietto). Gli anni? Il ’68 era alle porte, ovviamente (sono una vecchia signora).
La correlazione con il mazzo di fiori è stata illuminante e divertente (anche se da ridere c’è ben poco).
Ho risposto al questionario della CE Fabbri e invito tutte a farlo. Grazie come sempre Roberta, per questi articoli.
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Grazie a te, Babette!
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