Quando succede esattamente?
Quando passiamo dall’impegnarci al vergognarci delle nostre ambizioni? Quando iniziamo a non trovare più lo spazio per le nostre inquietudini, per i nostri desideri, per i nostri progetti?
Basta andare a una conferenza qualsiasi, a una lezione, a una presentazione, e contare. Le donne fra il pubblico sono quasi sempre la stragrande maggioranza; sul palco sono la minoranza, ammesso che ci siano.
Quando succede, mi chiedo ogni volta, quando si inverte improvvisamente la rotta delle donne? E dove vanno a finire tutti i loro sforzi, l’oggetto delle loro curiosità, le loro competenze, le loro capacità?
Ci dev’essere una sorta di ritratto di Dorian Gray nascosto da qualche parte, abbandonato in uno sgabuzzino, che crea e produce e inventa e insegna al posto nostro, mentre noi invecchiamo.
Dove mettiamo tutti i sogni che coltivavamo quando ci lasciamo convincere che fossero incongrui, superflui, vagamente indecenti, poco più degni di attenzione delle pagine del diario di un’adolescente? Quando abbiamo pensato che fossero moneta corrente con cui pagare gli sguardi maschili, il titolo di madre e il cognome di un uomo, la rispettabilità e l’approvazione di cui non sapevamo neanche di avere bisogno?
Non c’è donna senza croce, questo ci hanno insegnato, e quale sacrificio più grande da celebrare all’altare domestico di tutti quei sogni che riguardavano noi e noi soltanto, e che adesso non entrano più dalla porta di una casa in cui puoi parlare solo al plurale.
Quante donne si portano dentro quel vuoto, che più lo riempi di cure e preoccupazioni e più si allarga, invece di rimpicciolire, perché quel vuoto ha la nostra forma e il nostro nome, e le uniche in grado di riempirlo siamo noi. Ma non possiamo. Siamo troppo abituate al pudore, a inseguire obiettivi altrui. Siamo troppo abituate a riconoscere i nostri contorni nel dovere, perché ci venga in mente di provare a cercarli dentro di noi.
E così ce lo portiamo dentro, quel vuoto che parla di noi e che nessuno ascolta, nemmeno noi, perche ci hanno insegnato che non è interessante, ci hanno insegnato a nutrirci dei nostri segreti, a restare in disparte, a sussurrare senza mai alzare la voce, di certo non quando parliamo di noi.
Quanti sogni perduti abitano tutti quei vuoti, quante possibilità sprecate, quante emozioni marcite perché le pensavamo sbagliate e invece erano giuste, era tutto il resto a essere sbagliato, ma ammetterlo significava ammettere di essere sole e per quello ci vuole troppo coraggio, più di quanto ne serve per fingere che quel vuoto non esista e non parli di noi.