“Non ho tempo.”
“Magari quando sarà più grande.”
“Mi sono licenziata. Solo per qualche anno, finché i miei figli hanno bisogno di me.”
Certo, i nostri figli hanno bisogno di noi. Non solo. I nostri figli hanno sempre bisogno di noi. E quando loro smettono, a quel punto siamo noi che non siamo più capaci di fare a meno del loro bisogno, come pupazzi caricati a molla che non hanno più un posto dove andare.
“No, non posso lasciarlo con il padre e partire. Non me la sento. Magari fra un paio d’anni, quando sarà più grande.” “Ma fra un paio d’anni sarà maggiorenne!” “Sì, l’adolescenza è un periodo difficile e lui e suo padre non si capiscono proprio. Così magari ci può accompagnare lui in macchina. Non sarebbe carino?”
“No, mi spiace, non posso fermarmi, devo andare di corsa a casa, Arturino torna dall’università e non gli ho lasciato il pranzo pronto.” “Non può aprire il frigo e prepararsi qualcosa?” “Oh, povero, no. È sempre così stanco quando arriva. Ieri è rimasto a studiare fino a tardi. Si sente così in colpa per essere di nuovo fuori corso.”
Dovrebbero avvisarci, come sui pacchetti delle sigarette. “Nuoce gravemente al tuo futuro.” Nel momento in cui decidiamo di fare un passo indietro, di restare a casa, di dedicarci ai nostri figli, dovrebbero spiegarcelo. “Sì sì, lo dicono tutte che possono smettere di restare a casa quando vogliono.” “Sai quante ne ho viste che cominciavano così, solo qualche mese, perché lo facevano le amiche, per curiosità, per provare, e poi a cinquant’anni si facevano di rosolio e scoprivano di avere buttato via la loro vita?”
C’è una cosa che dovremmo chiederci: lo facciamo davvero perché i nostri figli hanno bisogno di noi? O perché siamo stanche di sentirci in colpa? Perché non importa se poi passeremo la metà delle nostre giornate a guardare il Grande Fratello e a studiare ricette che non prepararemo mai, adesso che siamo a casa non dovremo più difenderci dalle accuse altrui, esplicite o silenziose. Abbiamo preso la nostra vita e i nostri sogni e le nostre ambizioni e li abbiamo immolati sull’altare dell’accettazione e della serenità familiare, perché era più facile che dover dimostrare costantemente che avevamo il diritto di farlo, perché sentire nostro marito brontolare ci logorava, perché così finalmente la maestra la smetterà di dire che se Luigino non legge bene è perché non si esercita abbastanza “a casa”, e che se finisce sempre in direzione è perché ha bisogno di affetto e vuole richiamare la nostra attenzione, e che se non pronuncia bene la S è per qualche motivo terribile che prelude a qualche sindrome terrificante e che la colpa è tutta della mamma.
La figura materna, l’affetto materno, le attenzioni materne, la presenza materna… sono la causa e il rimedio di ogni male. E così ci sacrifichiamo. Smettiamo di lavorare, restiamo in casa, non usciamo con le amiche perché il momento della buonanotte è fondamentale e non andiamo in palestra perché lì è pieno di donne che non hanno niente da fare e noi invece qualcosa da fare ce l’abbiamo eccome. Dobbiamo portare il bambino a inglese e poi a scherma e poi dal logopedista per quella cazzo di S che ha preso dalla famiglia del padre, non sia mai che a quarant’anni parli come nostro cognato, e in piscina perché suo padre ci tiene tanto che faccia sport; e non ci perdiamo un solo saggio di fine corso e andiamo a prenderlo a scuola e quando gli chiediamo come è andata ci risponde “Bene” e quando gli chiediamo che cosa ha fatto a scuola dice “Cose” e quando gli chiediamo se è felice ci chiede se può giocare al videogioco, ma se non altro ci siamo, per la miseria. Ci-sia-mo. E nessuno potrà più venire a dirci che è tutta colpa nostra.
Abbiamo trasformato la nostra vita in un ex voto. Abbiamo rinunciato al nostro tempo a tutto quello che ci piaceva davvero, che ci faceva sognare, che ci faceva sentire importanti. Che ci rendeva perfino più orgogliose del saggio di danza in cui la creatura zompetta per cinque minuti con le orecchie da gatto. Quante volte hai peccato, madre? Cinque torte di farina integrale e due feste di compleanno fra i gonfiabili.
Sì, i nostri figli hanno bisogno di noi. Sì, daremmo qualunque cosa per vederli felici. Ma immolarci non è la soluzione. Anche se sembra l’unica che mette sempre tutti d’accordo. (Tranne noi.)
Hai descritto alla perfezione mia madre, cito lei perché io non ho figli. Io e lei abbiamo avuto anni di contrasti furibondi. Ma lei continuava a fare la mamma chioccia. Ma mia madre, che ora ha 73 anni, ha fatto quello che sapeva fare meglio, la mamma! Ed oggi l’adoro per tutto, per i suoi sacrifici, per il suo amore incondizionato, per averci seguito ovunque e dovunque, perché una donna piccolina e gracile è riuscita a fare tutto questo. Mia madre è una grande, l’adoro! Ancora oggi che ho 49 anni e viviamo a oltre tremila chilometri di distanza mi chiama per sapere se ho mangiato o se sono rientrata a casa. Mi hanno assegnato la mamma migliore del mondo! Volevo solo dire che non si sbaglia mai se le cose si fanno con il cuore, sono le circostanze e le persone che deviano i buoni propositi.
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Perdona se mi permetto, ma bisognerebbe chiederlo a lei. Sei sicura che fosse davvero quello che sapeva fare meglio? Forse tua madre aveva altre mille doni e molto da dare alla società, se quella società le avesse permesso di fare le due cose insieme.
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Scherzi? , certo che mia madre aveva altri doni e aspirazioni! ma ci ama più della sua stessa vita, rimpiange solo di essersi sposata a mio padre. Io e mia madre a questo punto della nostra vita non abbiamo più segreti, né muri né menzogne. Siamo una di fronte all’altra nude. Sai perché? Perché due anni fa ci stava dividendo la sua malattia, so con esattezza matematica cosa ha vissuto fino a 73, ci siamo confessare tutto.
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Sì, non mi permetterei mai di giudicare chi conosco, figuriamoci chi non conosco. È solo che la tua risposta era perfetta per ampliare il discorso con un altro punto di vista. Grazie per il commento.
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Grazie a te Roberta❤️
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perfetto Roberta, il punto è arrivare a capire e accettare che almeno noi non siamo d’accordo…
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Io ho fatto la scelta di dedicare gran parte del mio tempo alla famiglia. Le mie figlie non lo farebbero, questo vuol dire che ho fatto bene il mio “lavoro”, ognuno deve scegliere di essere e di fare ciò che in un dato periodo ritiene giusto. Per quanto mi riguarda se non ho fatto delle cose, è perché come talvolta facciamo noi donne, ci nascondiamo dietro la maternità perché non abbiamo il coraggio di rischiare qualcosa di diverso e rinviamo non calcolando che il tempo perso non lo si può recuperare del tutto. Questo per dire che probabilmente farei la stessa scelta ma mi impegnerei di più, rischierei di più…però forse non sarei la stessa persona e tutto sommato non mi dispiaccio!
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