Non in quanto persona. Non in quanto parte di una famiglia, di una coppia, di una comunità, non in quanto genitore o inquilina o proprietaria di un animale domestico. In quanto donna.
La nostra vita è plasmata da decine, centinaia e migliaia di “scelte” che crediamo di fare ogni giorno e che in realtà sono il frutto di sensi di colpa e di una percezione distorta del nostro ruolo e dei nostri doveri. È anche questa una forma di violenza. Se usciamo dal racconto tutto maschile di una violenza fatta di colpi, di lividi e ossa rotte. Se torniamo ad appropriarci anche del significato delle parole. Le battaglie non sono solo quelle che si combattono armi in spalla, nello spazio pubblico, sono anche quelle che combattiamo dentro di noi, negli spazi privati. E per difenderci non basta il nostro corpo, serve quella difesa che prende forma dentro di noi, che traccia limiti e apre orizzonti nuovi e mette a tacere i sensi di colpa. Sembra tutto molto sciocco e superficiale e debole, vero? Già, come tutto quello che ci appartiene e ci riguarda. È quello che ci hanno fatto credere fino a ieri.
Alla violenza fisica, psicologica, economica e patrimoniale bisogna aggiungere quindi anche quella culturale e sociale. Perché se condiziona la nostra vita, se ci obbliga a cambiare e ci trasforma, allora è violenza. Eccone alcuni esempi, raccolti come sempre grazie alla pagina Facebook di Rosapercaso. A leggerli tutti d’un fiato ci si rende improvvisamente conto, come ha scritto Debora in un commento, che “la donna perfetta che ci hanno raccontato, quella a cui dovevamo somigliare, non è mai esistita”. L’abbiamo mantenuta in vita noi, senza accorgercene, a suon di sensi di colpa e di fatica e di inadeguatezza.
In quanto donna mi sento obbligata a:
– depilarmi
– avere figli
– cucinare
– tenere pulita e in ordine la casa
– pensare al bucato
– accudire
– essere sempre presente e disponibile
– lasciare tutto pronto prima di uscire
– fare sesso anche se non ne ho voglia
– rimandare i miei momenti, spazi o pensieri
– non scontentare nessuno
– stare calma
– essere forte
– essere prudente
– essere comprensiva
– essere sorridente
– essere paziente
– essere disponibile
– essere magra
– controllare il mio linguaggio
– non ribellarmi
– essere attraente
– stare all’erta quando cammino per strada
– fare la spesa pensando ai gusti degli altri e non ai miei
– ridimensionare le mie ambizioni lavorative
– farmi accompagnare
– essere all’altezza delle aspettative in quanto figlia
– mettere per ultime le mie esigenze
– giustificarmi per il mio aspetto
– chiedere il permesso prima di prendere un impegno
– sopportare gli uomini che mi dicono come dovrei pensarla in quanto donna.
Ora provate a immaginare che cosa succederebbe se qualcuno si sentisse obbligato a farlo per il colore della sua pelle, per la sua nazionalità, per via delle sue convinzioni religiose o politiche o del suo peso o del suo colore di capelli o del suo orientamento sessuale. Come lo definiremmo, a quel punto? E quanto la nostra società sarebbe disposta a sopportarlo?
la bellezza fisica e l’essere attraenti conta per donne e uomini e depilarsi non è un obbligo la maggior parte delle volte. ma sono sotanzialmente d’accordo con l’articolo
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