“Perché vorrei poter dire in classe che ho le mestruazioni senza che tutti facciano la faccia schifata.”
Per quanto mi sforzi, non riesco a trovare un solo ricordo scolastico sulle mestruazioni. Nessuno. Da un rapido calcolo approssimativo, dovrei averle avute almeno una sessantina di volte, fra medie e liceo. Possibile che non me ricordi neanche una? Che abbia rimosso tutto completamente? Che abbia finto così bene che non esistevano da cancellarle? In vita mia ho avuto le mestruazioni più di 400 volte eppure l’unica cosa che ricordo sono macchie: cuscini macchiati, costumi macchiati, pantaloni macchiati, lenzuola macchiate. Il terrore di essermi macchiata e la vergogna di essermi macchiata. Dovermi cambiare di nascosto, non sapere che cosa fare dell’assorbente sporco, non trovare un bagno quando ne avevo bisogno. Per 400 volte ho finto di non perdere sangue quattro o cinque giorni di fila, con il terrore di essere scoperta, perché in “quei giorni” le brave ragazze perbene si mettono i pantaloni scuri e se proprio sono costrette a confessare, dicono di “avere le loro cose”.
“Perché mi sono stufata di nascondere i tampax, neanche stessi spacciando droga.”
C’è qualcosa che non va. È evidente. Vivere nel segreto e nella vergogna del tuo corpo una volta al mese significa stravolgere il senso dell’essere donna. Significa che essere donna ha qualcosa di sporco e di sbagliato, che ti fa sentire inadatta. Significa che giochi in un’altra categoria, che gli spazi pubblici a poco a poco ti vengono negati e ti assomigliano sempre di meno. Un mondo in cui non c’è posto per le mestruazioni è un mondo in cui non c’è posto per le donne. Una società in cui le mestruazioni devono restare un segreto è una società in cui quel che riguarda le donne si sussurra a parte, in privato, per non rubare la scena pubblica ai desideri degli uomini. Soprattutto quando quei desideri riguardano proprio il corpo delle donne, un corpo reinventato e riscritto per aderire alle esigenze altrui. Quante possibilità abbiamo di vivere serenamente nel nostro corpo, con queste premesse?
“Perché quando sento che devo cambiarmi l’assorbente significa che devo cambiarmi subito! E invece non mi danno il permesso di andare in bagno.”
Quante sono ancora oggi le scuole in cui alle ragazze non è permesso andare a cambiarsi a metà lezione? Quante ragazze hanno sporcato la sedia in aula? Quante scuole si rifiutano di sistemare una scatola di cartone per gli assorbenti sospesi, perché ci sono “questioni più urgenti” di quello che succede alla metà della popolazione studentesca (e alle stesse insegnanti) una volta al mese? Quante ragazze sono costrette a soluzioni di emergenza perché non hanno un assorbente nel momento del bisogno e si vergognano troppo per chiederne uno? Per quante l’ora di ginnastica significa ansia e imbarazzi, una volta al mese?
Ecco perché questo 8 marzo dovremmo portare tutte un fazzoletto rosso: perché parlare di mestruazioni apertamente, sin dalle scuole medie, è il primo passo per permettere alle ragazze di crescere nella convinzione di meritarsi davvero le stesse opportunità dei maschi. “Nessuno può cancellarti” scrive Luna in Fazzoletti rossi. “Se ti senti invisibile, allora significa che devi gridare più forte.” Le bambine ribelli sono cresciute e non hanno intenzione di sussurrare quando si raccontano. Perché hanno imparato che non c’è gesto più rivoluzionario che parlare di sé.
avere un corpo desiderabile per l’altro sesso è cosa importante per uomini e donne ma non c’è solo quello
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