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La felicità delle donne è sempre ribelle

Categoria: Decaloghi

Piccolo decalogo per riconoscere una relazione tossica

2 agosto 202212 settembre 2022 Roberta Marasco
Foto di George Thomas (CC)

Quali sono i campanelli d’allarme per riconoscere un soggetto che rischia di intrappolarci in una relazione tossica? Quali sono le prime avvisaglie? I tratti che li accomunano? Grazie alle testimonianze arrivate sulla pagina Facebook di Rosapercaso ne abbiamo individuati alcuni. Sono segnali che è importante conoscere per capire, prima di tutto, che non siamo noi a essere sbagliate, che non stiamo impazzendo, non siamo paranoiche o troppo esigenti. Per dare retta alla nostra voce interiore quando ci dice che siamo in pericolo. E che no, non è colpa nostra.

1. “Senza di me resterai sola.” Ci sono tanti modi diversi, anche sottili, per arrivare a questa conclusione. Passano dal “Chi vuoi che ti prenda con tutti quei figli/con quel carattere/con quella ciccia” a “Nessuno ti amerà mai quanto ti amo io”. Non importa se vengono spacciate per dichiarazioni d’amore o se suonano come minacce, l’effetto è lo stesso: sminuirti, renderti dipendente da lui. Se è l’unico che può amarti così, significa che non meriti di essere amata da nessun altro, che non vali abbastanza, che non hai scelta. La tua unica possibilità è lui.

2. “Guarda che cosa mi fai fare.” Non è mai colpa sua. Non si mette mai in discussione, non si assume una sola responsabilità. La colpa è sempre tua. Perché lo fai arrabbiare, perché lo obblighi a controllarti, perché gli fai perdere la pazienza, perché non ti fidi di lui, perché ti inventi le cose, non ti ricordi niente, non capisci. Sei paranoica, ossessionata, fuori di testa, finché non ti convinci che è davvero così, che la colpa è tua. L’altra faccia è il vittimismo, nei tuoi confronti, in quello dei colleghi o delle ex fidanzate, che erano tutte cattive, ingiuste e sbagliate. Lui si sacrifica, fa e farebbe di tutto per te, e questo significa che devi concedergli la tua fetta di libertà in cambio, devi fare la tua parte, devi amarlo altrettanto, se non di più. Anche l’assenza di amici di lunga data, segno dell’incapacità di far durare le relazioni nel tempo, può essere un segnale.

3. Il love bombing. Complimenti, sorprese, regali, attenzioni, un “bombardamento” di dichiarazioni magniloquenti e manifestazioni d’amore. Non è sempre facile distinguere il love bombing dall’entusiasmo romantico dell’inizio di una relazione. Quello che lo caratterizza di solito è il fatto di essere troppo, troppo presto. Una parte di noi penserà che è magnifico, che i principi azzurri esistono, un’altra lo troverà un po’ strano, un po’ forzato. La tentazione di crederci spesso è più forte della prudenza, ma il love bombing non è che un’altra forma di controllo e di manipolazione. Un’altra faccia è l’idealizzazione: sei la persona della sua vita, sei perfetta, non troverà mai un’altra migliore di te, ti sposerebbe anche domani e senza avere avuto il tempo di conoscerti. Prima o poi finisce, però, anche di colpo. E allora inizi a dubitare di te stessa, a chiederti che cosa hai fatto per non meritartelo più. La colpa non può essere sua, era così gentile e innamorato e premuroso. Quindi può essere soltanto tua.

4. Le montagne russe. Prima ti idealizza, poi ti mortifica. Prima ti esalta, poi ti sminuisce. Un attimo prima eri perfetta, la migliore in assoluto, e quello dopo dovresti dimagrire, mangiare meglio, lavarti di più, vestirti in modo diverso. Un attimo prima eri tutto per lui, l’attimo dopo ti ignora. Un attimo prima ti inondava di amore ed era una presenza costante e quello dopo è scomparso. Poi torna, però. Torna sempre. Con una sorpresa, un regalo, con le parole che avevi sognato di sentire. E a quel punto non puoi che darti della scema e dubitare di te stessa. Dovresti fidarti di più, sei paranoica, l’hai giudicato male, sei troppo possessiva, troppo esigente, non vedi che uomo meraviglioso è? Come hai potuto arrabbiarti per quella sciocchezza? Quella sbagliata sei tu, non lui.

5. “Non lo vedi come ti trattano?” Ti fa il vuoto attorno, dalla famiglia agli amici, è un susseguirsi continuo di critiche. Si approfittano di te, non sono corretti nei tuoi confronti, non ti meritano. Così finisci per restare sola, lontana dal tuo mondo e precipitata in quello che lui ti ha disegnato attorno, e dubitare ancora una volta delle tue capacità di giudizio.

6. La punizione del silenzio. Nessuna spiegazione. Nessun tentativo di chiarimento. Nessuna possibilità di dialogo. Solo un muro di silenzio che ha lo scopo di punirti, ignorandoti. Può durare anche per giorni e intanto tu stai lì a chiederti che cos’hai fatto di male, dove hai sbagliato. Perché qualcosa, pensi, devi aver fatto per forza. L’idea stessa della punizione e del ricatto come moneta del rapporto è il segnale di una relazione tossica, punizione spesso spacciata per patimento e malessere di chi la impone, confondendo ancora di più le carte.

7. Ogni forma di controllo. Dalla gelosia all’ossessione per l’ordine e la pulizia. Dall’incapacità di accettare un rifiuto alla pretesa di sapere sempre dove e con chi sei. Dalla necessità di avere costantemente ragione al bisogno di imporre la propria visione del mondo e i propri giudizi, di spacciare le proprie opinioni per dati di fatto. Fino al fastidio per tutto quello che riguarda solo te e non lui, che lo esclude, non lo riguarda. Fastidio che può assumere la forma di capricci quasi infantili o diventare rabbia. Anche testare i tuoi limiti, per capire come ferirti e fino a dove può spingersi, è una forma di controllo. Comparire e scomparire a proprio piacimento, accendere e spegnere la relazione come un interruttore e pretendere di imporre il proprio ritmo e i propri tempi. Oltre ovviamente al controllo sulla tua persona, su ciò che indossi, sul tuo corpo e il tuo peso, il tuo taglio di capelli, il tuo modo di parlare, il tuo lavoro, i tuoi soldi…

E noi? Quali sono i segnali che riceviamo da noi stesse?

8. La paura. La paura di raccontare quello che sta succedendo, delle sue reazioni, di contrariarlo. La paura costante di perderlo, di vederlo scappare via senza sapere perché se n’è andato. Ma anche la sensazione di muoverti in punta di piedi e soppesare ogni parola, per anticipare i suoi stati d’animo, per non infastidirlo, per assecondarlo, per non scatenare reazioni negative. Vivere in funzione di quello che pensa o potrebbe fare o non fare, dei suoi cambiamenti di umore repentini, della sua approvazione. Giustificarti in continuazione, anche per cose banali, ritrovarti a difendere i tuoi no. E al tempo stesso normalizzare quello che ti fa stare male, passarci sopra, fingere di non vederlo, come se lasciartelo alle spalle e non sanzionarlo equivalesse a farlo scomparire.

9. La sensazione che ci sia qualcosa che non va. È tutto troppo lontano da te, o troppo vicino. Come se non ti riguardasse del tutto. La sua presenza ti rende tesa e nervosa, ti confonde e ti agita, ti stanca, ti mette a disagio. Sei sconnessa da te stessa, è come guardare alla relazione e alla tua vita da un cannocchiale. Puoi avvicinarti solo fino a un certo punto, se vuoi continuare ad andare avanti.

10. “Sentivo di scomparire.” Non possiamo sentirci sbagliate e inadeguate in eterno. C’è un limite alla possibilità di prendercela con noi stesse, pensare di essere pazze, convincerci di non valere niente, essere insultate e criticate e corrette. Essere sminuite e ridotte al silenzio. Superato quel limite, iniziamo a sparire.

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Posted in #femminismorosa, DecaloghiContrassegnato da tag decalogo, gaslighting, love bombing, manipolazione, narcisista, relazioni, relazioni tossiche, violenza

Piccolo decalogo contro la violenza sulle donne

4 aprile 201912 settembre 2022 Roberta Marasco11 commenti

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1. Mai accettare di vedersi un’ultima volta. Mai. Neanche per un saluto rapido, in un luogo pubblico, insieme a un’amica, per riprenderti la collana a cui tieni tanto, per rivedere il cane. Mai. Non glielo devi, non lo devi agli anni trascorsi insieme, non è un prezzo da pagare per lasciarlo, non sei obbligata a scrivere nessuna parola “fine”. La parola fine l’ha già scritta lui, tu devi solo chiudere il libro. L’ultimo saluto rischia di essere davvero l’ultimo.

2. Non permettergli di isolarti. È uno dei primi segnali di allarme. Ti fa il vuoto attorno. Comincia parlando male delle tue amiche, che sono tutte egoiste, non lo vedi come ti trattano, non vedi che si approfittano di te, sei sempre tu a chiamarle, mai loro. Dopo le amiche è il turno della famiglia, soprattutto se è una famiglia presente nella tua vita. Poi, quando arrivano i figli, diventa ancora più facile usarli per tenerti in casa. Non ha più neanche bisogno di proibirtelo, gli basta fare appello ai tuoi doveri di madre, ai tuoi sensi di colpa, alle tue paure, che la bimba piange finché non torni e io domani lavoro. E tu hai paura che gli scappi uno dei suoi urli, che perda la pazienza con i bambini, che gli scappi lo schiaffo, e resti in casa. E resti sola.

3. Se ti mortifica costantemente il problema è lui, non sei tu. Se critica il tuo aspetto, se ti dice di mangiare meno dolci, se ti fa sentire goffa e brutta e sbagliata. Se ti dice che stai ingrassando, che dovresti cambiare taglio o colore di capelli, che dovresti truccarti di più o di meno, stringere le gonne o allargarle. Se ti fa sentire vecchia, inutile, poco sexy, poco desiderabile. Se sminuisce il tuo lavoro, se ne parla come se fosse banale, sciocco e irrilevante, e non perché ti meriti di meglio, ma perché di meglio non sai fare. Se ti dice che cosa mangiare, quanti chili dovresti perdere, che cosa devi cucinare e come, come devi tenere la casa. Se in qualunque momento hai la sensazione che il tuo valore dipenda da lui, allora non sei sbagliata. Sei in pericolo.

4. Ogni volta che non siete in due a decidere di fare sesso, è violenza. Se ti obbliga a fare sesso quando non vuoi, ti sta usando violenza. Se ti chiede di assecondare i suoi gusti, se insiste, se ti costringe a fare quello che non vuoi quando non vuoi e come non vuoi, è violenza. Sempre. Se ogni sera fai sesso con lui solo per tenerlo buono anche dopo aver messo in chiaro che non ne avevi voglia, quella è violenza.

5. Se lo fai per non farlo arrabbiare, è violenza. Se ti sforzi di tenere la casa pulita perché non si arrabbi, di avere la cena pronta quando rientra perché non si arrabbi. Se ti vesti come gli piace perché non si arrabbi. Se non esci con le amiche per non farlo arrabbiare. Se non spendi troppo per non farlo arrabbiare, se gli nascondi le bollette o un maglione nuovo per non farlo arrabbiare, se quando esci torni presto per non farlo arrabbiare. Se chiedi ai bambini di non fare rumore perché lui non si arrabbi, ogni volta che percepisci la violenza in casa, anche quella che non lascia lividi, non sei tenuta a sopportarla. Non importa quanto ti sforzi e quanto ti impegni e quanto ci stai attenta, se pensi di dover cambiare per non farlo arrabbiare, prima o poi si arrabbierà.

6. Se ti colpisce una volta, lo farà anche una seconda. Dove è passata la violenza non crescono le seconde opportunità. Se ti dà uno schiaffo una volta, la volta dopo te ne darà due. L’unica cosa che cambierà è che invece di chiederti scusa lui, finirai per chiederglielo tu. Uno basta. Uno è già troppo.

7. Non hai bisogno del permesso di nessuno per lasciarlo. Non hai bisogno di convincere le persone che ti stanno attorno. Non hai bisogno della complicità della sua famiglia o del sostegno della tua. Non hai bisogno di fargli capire che ha sbagliato e che ha torto. Non hai bisogno che nessuno venga a dirti che hai ragione. Tu lo sai.

8. Non hai niente da perdonarti. Sì, avresti potuto lasciarlo prima. Sì, avresti potuto cacciarlo prima di casa. Sì, avresti potuto difenderti. Sì, avresti potuto colpirlo più forte. Sì, avresti potuto denunciare. Sì, avresti potuto impedirglielo. Sì, avresti potuto convincerti che meritavi di meglio. Sì, avresti potuto fidarti prima di te stessa. No, non è colpa tua.

9. Non sei costretta a odiarlo per salvarti da lui. Non c’è un prezzo da pagare in amore. Non sei tenuta a sopportare, non sei tenuta a soffrire, non sei tenuta a sacrificarti, non sei tenuta a metterti in secondo piano, non sei tenuta a rinunciare a niente. L’amore aggiunge, non sottrae. Se fa male non è amore, ma il percorso per salvarti non passa necessariamente dall’odio. Se non vuoi odiarlo, se non puoi odiarlo, se odiare chi hai amato è troppo doloroso e ti farebbe sentire ancora più sbagliata, non sei costretta a farlo. Se disprezzarlo significa disprezzare una parte troppo grande di te stessa e gettare alle ortiche una parte troppo grande della tua vita, non farlo. La priorità è salvare te stessa, non condannare lui.

10. Non sei sola e non sei sbagliata. Anche quando ti senti più sola che mai. Dietro di te ci sono tutte le altre donne che si sono sentite altrettanto sole, perché come te vivevano in un mondo declinato al maschile, in cui le regole sono scritte al maschile e quel che è giusto e sbagliato lo decidono i bisogni degli uomini. Non sei debole. Ci vuole forza per sopportare. Per salvarti te ne basterà meno di quanta ne hai avuta finora.

 

Queste note sono il frutto delle discussioni e dei commenti ai post sulla pagina Facebook di Rosapercaso. Sono emerse dalle testimonianze, dai messaggi che ho ricevuto in privato, dalle voci delle donne che hanno deciso di raccontarsi, per aiutarsi e aiutare. Da sola non avrei mai potuto scriverli.

Se vi trovate in una situazione simile, rivolgetevi al Centro antiviolenza più vicino. Se non sapete a chi rivolgervi, cercate sul sito di D.i.Re Donne in rete contro la violenza, dove trovate tutti i contatti e le informazioni utili.

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Posted in #femminismorosa, DecaloghiContrassegnato da tag abusi, coppia, decalogo, donne, femminicidio, violenza di genere, violenza sulle donne

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