
“Sono bisessuale”. L’ha scritto una ragazza di tredici anni, su una crostata alle fragole che aveva preparato per i genitori. A farle paura non era l’omofobia dei compagni o degli amici. Aveva solo bisogno di capire chi era e di ritagliare uno spazio a quella sua nuova identità nel mondo degli adulti e delle persone che le volevano bene.
Questo episodio, che mi è stato raccontato da alcuni amici, è uno dei motivi per cui ho deciso di scrivere Speciale Elsa. Un romanzo non sarà mai all’altezza di un messaggio scritto con le lettere dell’impasto di un dolce, che è la metafora più bella che mi venga in mente del bisogno di essere accettati, ma può fare qualcosa di molto simile: ritagliare uno spazio nel discorso pubblico, far capire ai lettori che non sono soli e non sono sbagliati, e che nel mondo degli adulti c’è posto per loro.
Le serie per il target adolescenziale (che spesso vengono viste già dai preadolescenti) raccontano amori omosessuali da tempo, basti pensare a Euphoria, Élite, Skam, Sex Education, Atypical, fino alla più recente Heartstopper. Le storie omosessuali fanno parte della vita dei ragazzi e delle ragazze, che li vivono con una naturalezza che stupisce noi adulti, che siamo cresciuti fra il dramma del coming out e lo spettro dell’emarginazione sociale. L’omofobia continua a esistere, ma con connotati diversi da quelli a cui siamo abituati, e finché non viene convalidata dallo sguardo adulto è sopraffatta facilmente dalla realtà in cui sono immersi. Le storie d’amore omosessuali invadono TikTok, gli outfit dei cantanti sfidano ogni rappresentazione di genere, le storie d’amore fra celebrità (vere o presunte) emozionano perfino di più quando sfuggono ai canoni etero. Se non la insegnassimo noi ai ragazzi, insomma, l’omofobia probabilmente sarebbe destinata a estinguersi.
“C’è qualcosa di pericoloso in quello che provo per Nora, lo so. Nel modo in cui mi fa sentire, in quello che mi fa desiderare di fare. È come se mi portasse via da tutto quello che ero fino a ieri, da quello che mi tiene ancorata a terra, come le zampe del drago sotto l’asfalto. Dalla Elsa che conoscono gli altri. Nessuno conosce la Elsa che ha baciato Nora e questo mi fa sentire molto libera e molto spaventata.”
Speciale Elsa, Il Battello a Vapore
È il concetto stesso di identità del resto a essere cambiato fra i giovani, è diventato più fluido e meno ingombrante (basti pensare al modo in cui usano Instagram, non come vetrina, bensì come contenitore di momenti fugaci), ma al tempo stesso anche più difficile da afferrare. La Generazione Z non ha bisogno di punti fissi, fossero anche quelli del binarismo di genere, li schiva e ci scorre in mezzo, insegue trend collettivi destinati a essere fuggevoli, li incrocia e li trasforma e poi cambia direzione di nuovo.
La riflessione sulla propria identità è un altro dei motivi per cui ho scritto Speciale Elsa. Per raccontare quel momento in cui, crescendo, ci imbattiamo in un’immagine di noi stessi diversa da quella che credevamo di conoscere, e più cerchiamo di assomigliare a quell’immagine, più abbiamo la sensazione di tradire le nostre radici. Quanto possiamo allontanarci dall’idea che gli altri hanno di noi senza perderci? E quanto possiamo sfuggire all’immagine che ci rispecchia davvero senza perdere noi stessi?
Ecco perché è fondamentale parlarne e perché bisogna farlo già alle medie, quando è più facile e al tempo stesso ancora più necessario. Non si tratta solo di insegnare a non discriminare; usare un atteggiamento normativo e punitivo nelle battaglie per i diritti rischia di essere controproducente. Normalizzare gli amori omosessuali e le diverse identità di genere, invece, fare loro spazio nella vita scolastica, nei romanzi per quel target d’età, nei discorsi pubblici, rende tutto accessibile, prossimo, familiare e quindi meno estraneo. Se ci emoziona, non può essere sbagliato. Se ci emoziona, in qualche modo riguarda anche noi. Dovremmo smettere di associare l’omosessualità, nell’immaginario dei bambini, a qualcosa di clandestino e pericoloso. L’omofobia si combatte anche a colpi di lieto fine e di normalità. Certo, è importante spiegare ai ragazzi che alcuni insulti non sono come gli altri. Così come è fondamentale saper riconoscere il bullismo omofobico e avere gli strumenti per intervenire. Ma è altrettanto importante, secondo me, insegnare ai ragazzi a non avere paura di essere come sono.
L’estate dei miei quattordici anni. La prima delle superiori. Ero convinta che a quattordici anni sarebbe cambiato tutto. E infatti è successo, solo che è cambiato tutto quello che non doveva cambiare. A volte la vita ha un senso dell’umorismo proprio del cavolo.
Speciale Elsa, Il Battello a Vapore
La letteratura per ragazzi racconta il mondo e disegna traiettorie, e quel mondo deve assomigliare alla realtà dei suoi lettori, dev’esserci posto per il loro coraggio e la loro libertà, non per le paure degli adulti. I ragazzi e le ragazze sanno già come amare, hanno solo bisogno di spazio, di essere rappresentati, di sapere che non sono sbagliati, che se ascoltano la propria voce andranno nella direzione giusta e che le loro radici li seguiranno sempre, ovunque andranno. Non si perderanno strada facendo, anzi, succederà esattamente il contrario. Come dice la nonna di Elsa: “La gente si abitua a tutto. Tu preoccupati solo di non essere diversa da te stessa”.
Fra i tanti motivi per cui è importante combattere l’omofobia fra i ragazzi, quindi, ce n’è uno che forse non viene ricordato abbastanza spesso: perché è il modo migliore per insegnare a tutti, qualunque sia il loro orientamento sessuale, ad assomigliare sempre a se stessi.