Se ci emoziona, non può essere sbagliato

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“Sono bisessuale”. L’ha scritto una ragazza di tredici anni, su una crostata alle fragole che aveva preparato per i genitori. A farle paura non era l’omofobia dei compagni o degli amici. Aveva solo bisogno di capire chi era e di ritagliare uno spazio a quella sua nuova identità nel mondo degli adulti e delle persone che le volevano bene.

Questo episodio, che mi è stato raccontato da alcuni amici, è uno dei motivi per cui ho deciso di scrivere Speciale Elsa. Un romanzo non sarà mai all’altezza di un messaggio scritto con le lettere dell’impasto di un dolce, che è la metafora più bella che mi venga in mente del bisogno di essere accettati, ma può fare qualcosa di molto simile: ritagliare uno spazio nel discorso pubblico, far capire ai lettori che non sono soli e non sono sbagliati, e che nel mondo degli adulti c’è posto per loro.

Le serie per il target adolescenziale (che spesso vengono viste già dai preadolescenti) raccontano amori omosessuali da tempo, basti pensare a Euphoria, Élite, Skam, Sex Education, Atypical, fino alla più recente Heartstopper. Le storie omosessuali fanno parte della vita dei ragazzi e delle ragazze, che li vivono con una naturalezza che stupisce noi adulti, che siamo cresciuti fra il dramma del coming out e lo spettro dell’emarginazione sociale. L’omofobia continua a esistere, ma con connotati diversi da quelli a cui siamo abituati, e finché non viene convalidata dallo sguardo adulto è sopraffatta facilmente dalla realtà in cui sono immersi. Le storie d’amore omosessuali invadono TikTok, gli outfit dei cantanti sfidano ogni rappresentazione di genere, le storie d’amore fra celebrità (vere o presunte) emozionano perfino di più quando sfuggono ai canoni etero. Se non la insegnassimo noi ai ragazzi, insomma, l’omofobia probabilmente sarebbe destinata a estinguersi.

“C’è qualcosa di pericoloso in quello che provo per Nora, lo so. Nel modo in cui mi fa sentire, in quello che mi fa desiderare di fare. È come se mi portasse via da tutto quello che ero fino a ieri, da quello che mi tiene ancorata a terra, come le zampe del drago sotto l’asfalto. Dalla Elsa che conoscono gli altri. Nessuno conosce la Elsa che ha baciato Nora e questo mi fa sentire molto libera e molto spaventata.”

Speciale Elsa, Il Battello a Vapore

È il concetto stesso di identità del resto a essere cambiato fra i giovani, è diventato più fluido e meno ingombrante (basti pensare al modo in cui usano Instagram, non come vetrina, bensì come contenitore di momenti fugaci), ma al tempo stesso anche più difficile da afferrare. La Generazione Z non ha bisogno di punti fissi, fossero anche quelli del binarismo di genere, li schiva e ci scorre in mezzo, insegue trend collettivi destinati a essere fuggevoli, li incrocia e li trasforma e poi cambia direzione di nuovo.

La riflessione sulla propria identità è un altro dei motivi per cui ho scritto Speciale Elsa. Per raccontare quel momento in cui, crescendo, ci imbattiamo in un’immagine di noi stessi diversa da quella che credevamo di conoscere, e più cerchiamo di assomigliare a quell’immagine, più abbiamo la sensazione di tradire le nostre radici. Quanto possiamo allontanarci dall’idea che gli altri hanno di noi senza perderci? E quanto possiamo sfuggire all’immagine che ci rispecchia davvero senza perdere noi stessi?

Ecco perché è fondamentale parlarne e perché bisogna farlo già alle medie, quando è più facile e al tempo stesso ancora più necessario. Non si tratta solo di insegnare a non discriminare; usare un atteggiamento normativo e punitivo nelle battaglie per i diritti rischia di essere controproducente. Normalizzare gli amori omosessuali e le diverse identità di genere, invece, fare loro spazio nella vita scolastica, nei romanzi per quel target d’età, nei discorsi pubblici, rende tutto accessibile, prossimo, familiare e quindi meno estraneo. Se ci emoziona, non può essere sbagliato. Se ci emoziona, in qualche modo riguarda anche noi. Dovremmo smettere di associare l’omosessualità, nell’immaginario dei bambini, a qualcosa di clandestino e pericoloso. L’omofobia si combatte anche a colpi di lieto fine e di normalità. Certo, è importante spiegare ai ragazzi che alcuni insulti non sono come gli altri. Così come è fondamentale saper riconoscere il bullismo omofobico e avere gli strumenti per intervenire. Ma è altrettanto importante, secondo me, insegnare ai ragazzi a non avere paura di essere come sono.

L’estate dei miei quattordici anni. La prima delle superiori. Ero convinta che a quattordici anni sarebbe cambiato tutto. E infatti è successo, solo che è cambiato tutto quello che non doveva cambiare. A volte la vita ha un senso dell’umorismo proprio del cavolo.

Speciale Elsa, Il Battello a Vapore

La letteratura per ragazzi racconta il mondo e disegna traiettorie, e quel mondo deve assomigliare alla realtà dei suoi lettori, dev’esserci posto per il loro coraggio e la loro libertà, non per le paure degli adulti. I ragazzi e le ragazze sanno già come amare, hanno solo bisogno di spazio, di essere rappresentati, di sapere che non sono sbagliati, che se ascoltano la propria voce andranno nella direzione giusta e che le loro radici li seguiranno sempre, ovunque andranno. Non si perderanno strada facendo, anzi, succederà esattamente il contrario. Come dice la nonna di Elsa: “La gente si abitua a tutto. Tu preoccupati solo di non essere diversa da te stessa”.

Fra i tanti motivi per cui è importante combattere l’omofobia fra i ragazzi, quindi, ce n’è uno che forse non viene ricordato abbastanza spesso: perché è il modo migliore per insegnare a tutti, qualunque sia il loro orientamento sessuale, ad assomigliare sempre a se stessi.

Tre cose che ho scoperto sui libri e i ragazzi

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Foto di Pexels da Pixabay

1. Proprio vero che i ragazzi non leggono i libri. Li divorano. Se amano un romanzo lo finiscono in una sera. Se non sono interessati, invece, lo mettono giù dopo poche pagine e non lo riprendono più in mano. Leggono eccome, solo hanno il privilegio di leggere come vivono, senza mezzi termini e mezze misure.

2. Quando chiedi qualcosa a un adolescente non otterrai quasi mai la risposta che cercavi. “Che libro vorresti leggere? Su che argomento?” E se la ottieni, di solito è dopo un sacco di sbuffi e dopo averglielo chiesto cento volte e con ogni probabilità avrà finito per dirti quello che immaginava volessi sentirti dire, perché ti togliessi dai piedi. Le risposte degli adolescenti e dei preadolescenti, però, sono anche piccole esplosioni meravigliose di significato, che non c’entrano niente eppure contengono esattamente quello che cercavi prima ancora di avere capito che cercavi proprio quello. Perché la verità è tangenziale e caotica, e loro lo sanno, siamo noi che ce ne siamo dimenticati e abbiamo finito per credere ai nostri criteri patetici per inscatolarla e tenerla a bada.

3. Se domandi a un ragazzo se un libro gli è piaciuto ti risponderà semplicemente sì o no. E se gli chiedi anche perché probabilmente ti risponderà con una scrollata di spalle scocciata, perché il piacere andrebbe vissuto, non raccontato e di certo non analizzato. Il piacere è intimo e prezioso. Chi ha voglia di raccontare il gusto di una tavoletta di cioccolato mentre la mangia o mentre ne conserva ancora il sapore sulla lingua? E quando invece ti rispondono, spesso lo fanno con una frase sola, che le contiene tutte e il cui significato è riassumibile con: “Perché parla di me”. E il senso dei libri non è proprio quello, il senso più profondo e prezioso, il motivo per cui sono indispensabili?

Insomma, altro che preoccuparci perché i ragazzi non leggono. Dovremmo ricominciare da capo a imparare a leggere da loro.

 

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Regala un romanzo d’amore a un uomo. I consigli dei gruppi di lettori

Romanzi d'amore

Regaliamo libri d’amore a uomini e ragazzi, sì, ma quali?

Ho chiesto consiglio a due gruppi di lettura su Facebook, Leggo letteratura contemporanea e Sto leggendo questo libro, che ringrazio di cuore per i loro suggerimenti.

Ecco allora una lista, per iniziare (se avete altri titoli da consigliare, potete scriverli nei commenti):

Ciao, tu. Indovinami, scoprimi, sappimi, di Beatrice Masini e Roberto Piumini (da 13 anni)

Amorevolissimamente, di Geert De Kockere (da 13 anni)

Le ragazze non hanno paura, di Alessandro Ferrari (dai 12 anni)

– In scena!, di Raina Telgemeier (dai 9 anni)

– Ogni stella lo stesso desiderio, di Laura Bonalumi (dai 12 anni)

Un amore incosciente, di Olivia Crosio (dagli 11 anni)

– Twilight, di Stephenie Meyer

– Divergent, di Veronica Roth (da 13 anni)

L’amore t’attende, di Fabian Negrin (dai 16 anni)

– Bianca come il latte, rossa come il sangue, di Alessandro d’Avenia

– Non è mai troppo tardi, di Valentina Naselli

– La teoria imperfetta dell’amore, di Julie Buxbaum

– Chiamami col tuo nome, di André Aciman

– Il diavolo in corpo, di Raymond Radiguet

– L’uomo che credeva di non avere più tempo, di Guillaume Musso

– Ogni giorno, di David Levithan

– Una passione tranquilla, di Helen Simonson

– Io prima di te, di Jojo Moyes

– Lezione di tango, di Sveva Casati Modignani

– Ci vediamo un giorno di questi, di Federica Bosco

– Il diario di Adamo ed Eva, di Mark Twain

Orgoglio e pregiudizio, di Jane Austen

– Tre camere a Manhattan, di Georges Simenon

 

Buone letture!

Barcellona fra le pagine

Avete già letto tutto Zafón e tutto Montalbán, conoscete La cattedrale del mare a memoria e avete ancora voglia di libri ambientati a Barcellona? Ecco allora una lista con otto titoli per tutti i gusti: per chi ama i romanzi storici, per chi legge volentieri i gialli, per chi preferisce le storie al femminile e perfino per i più piccoli.

Come dicono qui, in Catalunya: Bones lectures!

Un atelier a Barcellona

Núria Pradas, trad. it. Sara Cavarero (Salani)

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Barcellona, 1926. Ferran Clos ha disegnato una collezione che sta per trasformare la sartoria Santa Eulalia nel regno della haute couture spagnola. È uno stilista brillante, non ha nulla da invidiare a Chanel, e per creare i suoi abiti trova ispirazione nelle donne, innamorandosene, tradendole. Una di queste è Laia. Giovane apprendista, bellissima, spensierata, non sa nulla dell’abbandono, della preoccupazione, del dolore acuto della perdita, quando la sua vita ne viene investita inesorabilmente. Ma Laia cresce, è forte e determinata a farcela, a sopravvivere e, quando possibile, a vivere davvero. Quando gli anni Venti lasciano spazio agli anni bui della Guerra civile, la ragazzina dalle gonne svolazzanti non c’è più. Al suo posto c’è una madre, una donna moderna ed elegante, che è ancora sensibile all’amore e alla passione, ma con gli occhi bene aperti. Laia ha fatto carriera, è stata una colonna portante dell’atelier durante tutte le vicissitudini che lo hanno coinvolto: quando era un salone vivo e colorato, punto di riferimento dell’alta società, quando i repubblicani lo hanno sequestrato, quando resisteva in una Barcellona mesta e bombardata, quando il ritratto di Franco è stato affisso al muro, per forza. A Barcellona, oggi, c’è un atelier dalle vetrine scintillanti: Santa Eulalia. La storia della casa di moda è talmente affascinante e ricca da essere perfetta per un romanzo, questo. È la saga di una famiglia, è il racconto corale delle vite intrecciate delle sarte e degli apprendisti, è la Storia di un’Europa euforica e di un’Europa schiacciata.

La dama di Barcellona

Daniel Sànchez Pardos, trad. it Claudia Marseguerra (Corbaccio)

51synisqnIL._SX322_BO1,204,203,200_1854, Barcellona. Una città soffocata dalla paura e da un’incombente epidemia di colera è il palcoscenico di una serie di morti misteriose. Quando il cadavere di una fanciulla viene ritrovato in fondo al pozzo di un monastero, da tempo immemore al centro di oscure leggende, il terrore non può che fomentare l’immaginazione popolare. Octavio Reigosa, ispettore del Corpo di vigilanza, sarà chiamato a indagare sui crimini che sconvolgono la città e sugli assurdi miracoli che l’anziano vescovo Riera si ostina a leggere come altrettanti segni dei tempi. Non solo: cosa si nasconde dietro l’estrema segretezza della clinica psichiatrica Neothermas, diretta dal dottor Carrera? A dipanare questo folle intrico di sacro e profano interverrà Andreu Palafox, giovane chirurgo con un passato torbido, affiancato dalla conturbante scrittrice Teresa Urbach e dalla sua ingegnosa e giovane governante. Ma, soprattutto, Palafox ha un dono, o forse una maledizione: «abitare il tempo sacro»…

Lezioni di disegno

Roberta Marasco (Fabbri Editori)

cover leggeraUn amore finito, un impiego insoddisfacente lasciato indietro e una vita che, a 39 anni, non ha ancora messo radici e sta tutta in una valigia. Come quella con cui Julia arriva a Barcellona, nella lussuosa villa di Pedralbes che lei e le sorelle sono costrette a vendere dopo la morte della madre Gloria. Fra i ricordi di un padre autoritario e severo, complice della dittatura franchista, e i segreti di famiglia occultati fra le pareti delle stanze deserte, Julia ritrova anche una fotografia della madre da giovane, abbracciata a un bellissimo sconosciuto. Alle prese con la sfrenata nipote, figlia della ribelle Olga, Julia si trova a fare i conti con un passato pieno di rivelazioni. Dalla Barcellona in fermento degli anni Settanta, quella delle prime manifestazioni e delle assemblee femministe, dell’amore libero, della musica e della controcultura, emerge il volto segreto di Gloria, una donna che la figlia conosceva solo a metà, capace di vivere una passione clandestina e travolgente che molto ha da insegnare, sull’amore e sulla vita. E sulle ribellioni silenziose che ci conducono verso i nostri sogni.

Mio caro serial killer

Alicia Giménez-Bartlett, trad. it. Maria Nicola (Sellerio)

413KX0Or-8L._SX349_BO1,204,203,200_L’ispettrice Petra Delicado di Barcellona è un po’ giù, sente che gli anni le sono piombati addosso tutti insieme. Un nuovo caso la scuote, un delitto «mostruoso e miserabile» che la rimescola dentro in quanto donna. Una signora sola, mai sposata, con un piccolo lavoro e una piccola vita, è stata trovata accoltellata. L’assassino si è accanito su di lei e ha poggiato sul corpo martoriato un messaggio di passione. L’indagine mette in luce che in quella esistenza era entrato l’amore, quello che illude e sconvolge una «zitella», come ripetono i maschi facendo imbestialire Petra. Tutto parla di femminicidio. Inizia con l’inseparabile vice Fermin Garzón il tran tran da segugi di strada che annusano il sospetto, un uomo insignificante che non lascia tracce. Però il rituale di sangue e lettere d’amore si ripete uguale ai danni di altre vittime. Si stende l’ombra preoccupante del serial killer e, anche per compiacere la stampa, alla coppia viene aggiunto, con funzione direttiva, un ispettore della Polizia autonoma della Catalogna, un giovane dal piglio moderno, rigido e pedante. Tutto l’opposto della collaudata coppia di sbirri, abituati a farsi sorprendere dalle intuizioni, ad attardarsi tra burette e tapas insaporite dal continuo battibecco. Così l’indagine prosegue nella tensione tra due generazioni e due modi opposti di investigazione e di vita. E forse questo allude metaforicamente allo scontro attuale tra i due patriottismi iberici. E porta dentro un bizzarro mondo metropolitano, le agenzie per cuori solitari. Nulla di straordinario per Petra che finisce sempre coll’immergersi dentro i misteri di una quotidianità piena di risvolti oscuri. Ma stavolta per sciogliere un’intricata matassa di colpevoli che sembrano vittime e vittime colpevoli Petra e Fermín devono affidarsi a un’indagine logica, quasi da detective deduttivi non da piedipiatti; e soprattutto la dura ma empatica poliziotta deve affrontare un assassino disumano. «L’essere umano può essere rabbioso e crudele, ma se non è psicopatico non arriva a tanto». E, forse a causa dello stress, forse per l’amarezza della verità, la commedia tra lei e Fermín corre più veloce del solito.

 

Barcellona mi amor

Melinda Miller (Tre60)

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A Barcellona, il 23 aprile è il giorno di Sant Jordi, la festa degli innamorati e dei libri. Chi si ama si scambia un regalo: le donne ricevono una rosa, gli uomini un libro. Proprietaria della libreria Bésame Mucho, Paloma ama quel giorno più di ogni altro, e sa consigliare sempre il libro perfetto da regalare, specialmente se si tratta di un dono che deve “valere” come dichiarazione d’amore. Eppure, lei, l’anima gemella non l’ha ancora incontrata… Enrique è un uomo affascinante, giornalista affermato con una passione smodata per la buona cucina ed un segreto che custodisce gelosamente. Anche lui si troverà a festeggiare Sant Jordi e, alla ricerca di un regalo per la sua compagna, entrerà nella libreria di Paloma. Ma il destino, un misterioso taccuino vergato a mano e una rosa stuzzicheranno la sua curiosità sino a travolgerlo e fargli conoscere il vero amore…

Il signore di Barcellona

José Lloréns, trad. it. Pierpaolo Marchetti (Mondadori)
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Barcellona, anno 1052. Quando Martí Barbany de Montgrí, giovane contadino, varca per la prima volta le porte della città che cambierà per sempre la sua vita, un anello e una piccola pergamena sono tutto ciò che possiede e che gli serve per riscattare la cospicua eredità lasciatagli dal padre. Ha così inizio la grande avventura che lo porterà a diventare un personaggio di spicco nella città dalle mille opportunità. Con grande fiuto e ingegno, Martí si arricchisce sempre più dedicandosi al commercio, ma l’impresa più ardua è quella di diventare cittadino di Barcellona e coronare il suo sogno d’amore contrastato con la dolce Laia, figliastra di un malvagio e influente personaggio. Il cammino si presenta irto di ostacoli e difficoltà, e non sempre la fortuna sarà dalla sua parte. La storia di Martí Barbany si intreccia con quella dell’amore tra Ramón Berenguer I, conte di Barcellona, e Almodis de la Marca, contessa di Tolosa, il cui legame adultero minaccia la pace della città, causando problemi politici con le contee vicine e addirittura con il pontefice. Il signore di Barcellona è un romanzo che emoziona con l’avvincente racconto di un’epoca oscura. Con grande maestria José Lloréns unisce fiction e storia per dare vita a una minuziosa ricostruzione della Barcellona medievale dell’XI secolo, una città di duemilacinquecento abitanti, che il lettore vedrà crescere pagina dopo pagina. I patti, le alleanze, gli intrighi di palazzo, l’ambizione economica e la convivenza tra differenti religioni sono animati dai sentimenti più intensi: passione, amicizia, invidia, lealtà e onore.

Imprevisto a Barcellona

Sir Steve Stevenson, illustrazioni di Stefano Turconi (De Agostini)
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Il nuovo caso che attende Larry è più strano del solito. Il giovane detective è stato contattato da un agente esperto per svolgere un incarico segretissimo: dovrà volare a Barcellona, incontrare l’agente JC33 e consegnargli un misterioso pacco. Sembra una missione molto delicata, ma tranquilla… finché, giunto in Spagna insieme ad Agatha, Larry scoprirà che è solo l’inizio di un caso decisamente complicato! Età di lettura: da 8 anni.

 

 

 

Trizia a Barcellona

Pedro Pérez (Dentiblù)
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Questo è il secondo volume di Trizia, la sexy protagonista del fumetto di Pedro Pérez. Sono passati due anni da quando Trizia e la sua migliore amica Olivia hanno trovato un editore per il loro primo fumetto. Adesso che il libro è pubblicato, partono alla volta di Barcellona per una sessione di dediche. È lì che lei e Olivia si accorgeranno di quanto una comic convention ti possa davvero mandare fuori di testa, specialmente se ci incontri una rivale con un enorme ego. A questo si aggiungerà un’orda di strambi personaggi in coda per una dedica. Un weekend che indubbiamente porterà molte emozioni alla splendida e ingenua Trizia.

Storie da leggere con una tazza di tè

 

81-hgTirH0LIl giardino delle nebbie notturne, di Tan Twan Eng (Elliot)

Sopravvissuta durante la Seconda guerra mondiale alle torture in un campo di prigionia giapponese, nel quale ha però perso la vita la sorella, Yun Ling Teoh ha studiato legge a Cambridge e dedicato molti anni a perseguire i criminali di guerra. Ma ora ha bisogno di fermarsi, e il luogo migliore per farlo è sugli Altopiani di Cameron, in Malesia, tra le piantagioni di tè di un vecchio amico di famiglia. Ed è lì che scopre l’esistenza di un giardino, il cui proprietario e creatore è l’enigmatico Aritomo, un esule dal Giappone che un tempo ha ricoperto il ruolo di capo-giardiniere al servizio dell’imperatore. Nonostante i sentimenti di odio nei confronti dei giapponesi – o forse proprio per questa ragione – Yun Ling chiede ad Aritomo di realizzare un giardino in memoria della sorella, ma l’uomo rifiuta e le propone invece di lavorare per lui come apprendista, fino a quando non sarà lei stessa in grado di disegnare un giardino. Con il passare dei mesi, Yun Ling stabilisce suo malgrado un legame con il suo sensei e apprende la filosofia di un’arte millenaria che ha come scopo quello di riprodurre sulla terra il paradiso. E mentre da fuori giungono gli echi della guerriglia, anche in quel luogo di pace non mancano conflitti, segreti e misteri da affrontare.

 

downloadL’amante giapponese, di Isabel Allende (Feltrinelli)

L’epica storia d’amore tra la giovane Alma Belasco e il giardiniere giapponese Ichimei: una vicenda che trascende il tempo e che spazia dalla Polonia della Seconda guerra mondiale alla San Francisco dei nostri giorni.

“Ci sono passioni che divampano come incendi fino a quando il destino non le soffoca con una zampata, ma anche in questi casi rimangono braci calde pronte ad ardere nuovamente non appena ritrovano l’ossigeno.”

 

9788807885679_quartaIl tè nel deserto, di Paul Bowles (Feltrinelli)

Si narra che tre ragazze arabe provenienti dalle montagne avessero un solo grande sogno: quello di bere il tè nel Sahara; per questo misero assieme tutto il denaro che avevano e si fecero portare nel deserto, dove di duna in duna andarono in cerca si quella più alta: verranno poi ritrovare da una carovana nella stessa posa in cui si erano addormentate, con le tazze piene di sabbia. È questa la storia che una giovane donna del deserto racconta all’americano Porter Moresby, e simile a quello delle ragazze potrebbe essere il sogno di lui. Port ha lasciato new York, nel secondo dopoguerra, per fare un viaggio in Nord Africa, con sua moglie Kit e l’amico Gorge Tunnel. Port e Kit non si considerano turisti, bensì viaggiatori: non sanno dove si fermeranno, non hanno tempi prefissati per spostarsi, né un vero luogo cui fare ritorno. Nel loro peregrinare scoprono un paese culturalmente distante, dove gli occidentali si sentono sempre stranieri. Ciononostante, o forse proprio per questo, sotto i cieli assolati, complici il paesaggio sahariano e l’atmosfera del Magreb, la coppia in crisi cerca di ritrovare se stessa. E ci proverà attraverso vie tortuose, fatte di tradimenti e incomprensioni, lui convinto che l’esistenza sia priva di significati, mentre lei ne è alla continua ricerca. In un crescendo di tensione, via via che il viaggio prosegue, la storia precipita verso il tragico epilogo. Il ‘tè nel deserto’ è il primo romanzo di Paul Bowles e il suo bestseller.

 

download (1)La figlia del mercante di tè, di Janet McLeod Trotter (Newton Compton)

India, 1905. Clarissa e Olive Belhaven vedono minacciato il loro futuro e la loro piantagione di tè dai debiti del padre che affoga nell’alcol il dolore per aver perso sua moglie. Wesley Robson, uno sfacciato e giovane imprenditore si offre di salvare la piantagione in cambio della mano di Clarissa, ma il padre rifiuta. Quando, di lì a poco, l’uomo muore, Clarissa e Olive sono costrette a tornare in Inghilterra e a lavorare nell’umile pub di un cugino in Scozia. Clarissa è disorientata dalla nuova condizione e dalla povertà che la circonda e non sopporta la cugina, una donna crudele e meschina. Decide quindi di lasciare il lavoro di cameriera per fare da governante a un gentile avvocato, Herbert Stock. Quando l’uomo, rimasto vedovo, le propone di sposarlo, in lei si fa strada anche un sogno: aprire una sala da tè, un luogo in cui far rivivere i profumi e le tradizioni della sua terra lontana. Il desiderio si realizza, ma Clarissa si trova a fronteggiare ostacoli imprevisti: il figlio di Herbert, Bertie, nutre per lei un risentimento pericoloso e Wesley Robson torna improvvisamente nella sua vita con una rivelazione scioccante… Chi è in realtà quest’uomo e cosa desidera ancora da Clarissa?

 

51bwOG2TyHLIl profumo delle foglie di tè, di Dinah Jefferies (Newton Compton)

Londra, anni Venti. Gwendolyn Hooper, giovane donna inglese appena sposata, si trasferisce nella lontana isola di Ceylon per raggiungere il marito. Ma l’uomo che le viene incontro nella piantagione
di tè non è lo stesso di cui si era innamorata in Inghilterra tempo addietro. Distante e indaffarato, Laurence trascorre le giornate nella piantagione, lasciando la sua sposa da sola a occuparsi della casa, della servitù e delle nuove incombenze. La grande casa coloniale, agli occhi di Gwendolyn, appare un luogo misterioso, con porte chiuse a chiave e indizi di un torbido passato: in un baule polveroso è nascosto un vecchio velo da sposa ingiallito e le ombre del giardino celano una piccola tomba… Quando Gwen rimane incinta, suo marito è finalmente felice e tutto sembra andare per il verso giusto, ma c’è poco tempo per festeggiare. Al momento del parto la neomamma dovrà prendere una decisione terribile, di cui non potrà fare parola con nessuno, neanche con Laurence. Quando, infine, arriverà il momento della verità, Gwen sarà in grado di spiegare che cosa ha fatto e perché?

 

download (3)Quattro tazze di tempesta, di Federica Brunini (Feltrinelli)

Viola vive in un paesino del Sud della Francia, in una grande casa che divide con la sua cagnolina Chai. Ha un negozio di tè provenienti da tutto il mondo. La sua passione è trovare la miscela giusta per le emozioni di ogni cliente e inventare ricette gourmandes a base di tè. C’è un infuso per ogni stato d’animo, e lei li conosce tutti: strappa-sorrisi, leva-paura, antimalinconia, sveglia-passione, porta-gioia, tè abbraccio… Per il suo compleanno, Viola raduna sempre a La Calmette le sue tre amiche storiche per un rendez-vous a base di chiacchiere, relax, bagni di sole e profumo di lavanda. Quest’anno, però, è diverso. Nonostante la gioia di rivedere le amiche, Viola è tormentata dal dolore per la morte del marito. Mavi, l’unica mamma del gruppo, è perennemente stressata. Chantal, insegnante di yoga in cerca del suo posto nel mondo, è insicura del compagno, molto più giovane di lei. E Alberta, un architetto in carriera, è distante, troppo presa dal lavoro e da un nuovo, misterioso amore. Nessuna delle quattro donne sembra essere la stessa che le altre conoscono, o credono di conoscere. Ognuna cova dentro di sé un’inaspettata inquietudine, che monta di ora in ora come una tempesta fino a scoppiare all’improvviso davanti alla torta di compleanno di Viola e alla sua ignara assistente Azalée. Tra illusioni e delusioni, rimpianti e rivincite, lacrime e risate, le quattro donne si confronteranno con i loro sogni di ragazzine e le realizzazioni più o meno mancate dell’età adulta.

 

download (2)Le regole del tè e dell’amore, di Roberta Marasco (Tre60)

L’amore di Elisa per il tè risale alla sua infanzia. È stata sua madre a insegnarle tutte le regole per preparare questa bevanda e ad associare, come per gioco, ogni persona a una varietà di tè. Daniele, il suo unico grande amore, è tornato dopo tanto tempo. Ma Elisa ha imparato da sua madre a non fidarsi della felicità, a non lasciarsi andare mai, perché il prezzo da pagare potrebbe essere molto alto. Prima di tutto dovrà trovare se stessa, poi potrà capire se Daniele può renderla felice.
Quando trova per caso una vecchia scatola di tè con un’etichetta che riporta la scritta ROCCAMORI, il nome di un antico borgo umbro, Elisa ne è certa: si tratta del tè proibito della madre, quello che le fece provare solo una volta e che, lei lo sente, nasconde più di un segreto. Forse proprio lì, in quel borgo antico, Elisa potrà trovare le risposte che cerca e imparare a lasciarsi andare e a fidarsi dell’amore, guidata dall’aroma e dalle regole del tè…

Perché le Colazioni d’autore hanno fatto un gran bene all’editoria

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Foto di Petunia Ollister

L’oggetto libro ha qualcosa di ostinato, di cocciuto e di sacro, di inamovibile. È un resistente. È passato quasi indenne attraverso le avanguardie del secolo scorso, il futurismo, il formalismo, l’iperromanzo, la metanarrativa, il post moderno e l’epoca del digitale. La letteratura è cambiata, certo, si è interrogata sulle proprie funzioni, sul ruolo del lettore, sulla citazione e la parodia e la commistione dei generi, sulla scrittura del tempo e lo smascheramento della finzione, ma senza arrivare a scalfire l’importanza della storia e della dimensione del racconto. Il libro come oggetto è rimasto praticamente identico a se stesso. È cambiata la carta, certo, sono cambiati i materiali e le modalità di stampa. Le copertine si sono adeguate all’estetica corrente e hanno sperimentato a loro volta, ma il tutto sembra essere avvenuto senza gli sconvolgimenti vissuti da altre forme artistiche, come la pittura, la scultura o il cinema.

Con tutte le variazioni grafiche e storiche del caso, un libro nella maggior parte dei casi ha un solo senso di lettura, un unico orientamento, pagine numerate e continua a proporci titolo e nome dell’autore ed editore in copertina, alette e quarta. Con alcune eccezioni più o meno significative, è scritto quasi sempre in caratteri neri e con un font che non aspira a essere protagonista. Tutto sembra insomma convergere verso la storia, la rassicurazione del racconto, il patto implicito fra autore e lettore. Il libro tiene duro, non molla. Rigetta ogni esperimento (come i flip book di qualche anno fa, che hanno avuto vita breve) e quando proprio non può ignorare un fenomeno come l’ebook, lo obbliga ad assomigliargli il più possibile e a scimmiottarlo, proponendo modalità di lettura sostanzialmente analoghe a quelle del cartaceo (con alcune differenze, certo, ma non sostanziali).

Perfino l’interattività e la multimedialità hanno lasciato il libro quasi indifferente. Chi progettava e sognava applicazioni in cui la storia prendeva vita davanti agli occhi del lettore, in cui le illustrazioni si muovevano a seconda di come inclinava il supporto di lettura o in cui la letteratura si intrecciava ai giochi di ruolo, consentendo al lettore di dirigere la trama e condizionarla, ha dovuto presto arrendersi o accontentarsi di un pubblico più ristretto di quanto sperasse.

L’oggetto libro è un sopravvissuto. L’hanno dato per morto o moribondo un’infinità di volte ed è sempre risorto e ha tirato dritto per la sua strada, un po’ più acciaccato, forse, con qualche lettore in meno e qualche refuso in più, ma si è rialzato e ha proseguito. La resilienza del libro è la sua forza, certo, ma come spesso accade, anche la sua debolezza. Il libro resta lì, si intreccia al suo tempo in modi meno sfacciati di quanto accada con altri media e altre forme artistiche, e dunque rischia di scollarsi da una parte del pubblico, che invece al suo tempo aderisce e vuole aderire con la stessa costanza e determinazione con cui aderisce allo schermo del cellulare e a quello del computer.

Poi sono arrivati i #bookbreakfast di Petunia Ollister, le sue Colazioni d’autore, e hanno cambiato tutto.

Non ce ne siamo accorti subito, o almeno io non me ne sono accorta subito, ma hanno inciso in profondità sul rapporto fra libro e lettore, portando nuova linfa e nuovi lettori all’editoria. Non solo perché sono fotografie magnifiche, non solo perché sono fatti con cura e precisione e una raffinatezza dissimulata nell’apparente semplicità. I #bookbreakfast soprattutto sono riusciti a portare il libro in altri ambiti costringendolo a parlare il loro linguaggio. Sono riusciti nella difficile impresa di schiodare l’oggetto libro dagli scaffali e schiaffarlo su Instagram e sui social in generale, operando uno slittamento di significato che in pochi sono stati capaci di fare. Nei #bookbreakfast, infatti, il libro non arriva su Instagram come protagonista di un momento di vita, come la traccia di qualcos’altro, della storia che racconta o della storia di chi lo sta raccontando e leggendo e recensendo. No. I libri nei #bookbreakfast diventano forma e colore, diventano un elemento compositivo, che solo apparentemente condiziona e orienta gli altri. Il fondo scelto, le tazzine, le matite, i taccuini, le tavolette di cioccolato hanno in realtà la stessa importanza formale del libro e ci dialogano alla pari. I libri dunque diventano oggetti grafici, giochi di linee e di colori e di forme, punto di partenza e di arrivo di attenti rimandi formali e di equilibri interni raffinatissimi. Il tutto senza mai trascurare il significato a favore della forma, senza mai dimenticarsi della storia che raccontano.

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Foto di Petunia Ollister

Ecco così che accanto al Giovane Holden, il “succo d’arancia, uovo col bacon, pane tostato e caffè” che compongono la “colazione abbondante” del protagonista diventano anche elementi formali, cerchi, rettangoli e note formali che sembrano opporre resistenza e voler far implodere l’ordine e il vuoto dell’immagine e il minimalismo della copertina bianca di Einaudi, dicendoci al tempo stesso molto del suo protagonista, del suo rapporto con l’ipocrisia e il vuoto che lo circondano, e perfino delle scelte “ipnotiche” di traduzione. E le patatine sotto Cent’anni di solitudine sembrano portarci nella selva che fa da sfondo all’immagine, in uno scrocchiare di foglie divertito che rende omaggio in modo perfetto al realismo magico dell’autore e alla sensorialità della sua scrittura.

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Foto di Petunia Ollister

Ecco come scatta la magia dei #bookbreakfast. Nel gioco di assonanze e nei palleggi fra i sensi. Nell’impossibilità di separare forma e significato, nel rincorrersi continuo di entrambi, tanto che si potrebbe guardare per ore le fotografie di Petunia Ollister, godendosi il modo in cui i temi del libro si fanno colore e odore e sapore, prendono posto nell’immagine e strizzano l’occhio all’altro capo dell’immagine, dove un altro tema fa capolino, in una simmetria o in un’assonanza di forme e colori. E i sensi non restano certo in disparte, una tazza di caffè, un ciuffo di panna, un croissant, una tavoletta di cioccolato fanno a loro volta parte del gioco, a loro volta forma e significato, insieme.

I #bookbreakfast sono irresistibili, perché procurano piacere a chi li guarda, un appagamento estetico che non tradisce mai il suo soggetto, al contrario, lo esalta. E così facendo Petunia Ollister coglie alla sprovvista perfino il tenace e cocciuto oggetto libro e lo mette al centro dei social senza snaturarlo, esaltandolo, stuzzicandone la vanità e provocandolo e punzecchiandolo un po’, ogni tanto. E i libri si offrono allo sguardo, si concedono al piacere estetico dei social e dei nuovi mezzi, come regine sorprese dal lampo di un flash. Sotto lo sguardo di Petunia Ollister, i  libri si lasciano sedurre dalla grafica e dal design, si concedono alla ricerca della bellezza e al lavoro cromatico sempre più protagonista e sempre più consapevole oggi.

Ecco perché sono convinta che i #bookbreakfast abbiano fatto un gran bene all’editoria. Perché sono riusciti a scardinare l’oggetto libro dal mondo delle parole, perché l’hanno raccontato usando un linguaggio completamente diverso, l’hanno catapultato nel mondo dell’immagine e degli hashtag e del foodporn, non come ospite e guest star un po’ spaesata, ma come soggetto della comunicazione, costringendolo a parlare il loro stesso linguaggio.

E soprattutto, i #bookbreakfast non possono fare a meno di emozionarci, completando così il circolo del piacere estetico e della narrazione. E rendendolo irresistibile.

I #bookbreakfast sono i protagonisti di un volume magnifico uscito da poco e ritratto nella foto che apre questo post, Colazioni d’autore, dove sono raccolti i ritratti di libri che parlano di cibo o di cucina, edito da Slow Food Edizioni.

Petunia Ollister
Foto di Petunia Ollister

Sette romanzi per conoscere meglio la Catalogna

Per chi in questi giorni sente il bisogno o anche solo il desiderio e la curiosità di conoscere un po’ meglio la storia della Catalogna, ecco un breve percorso narrativo, senza alcuna pretesa di essere esaustivo. Sette libri a cui se ne potrebbero aggiungere molti altri (ad alcuni titoli ho dovuto rinunciare perché non sono stati tradotti in italiano), che vi invito a scrivere nei commenti al post, se vorrete.

Sette libri molto diversi, per lo stile, la voce dell’autore e il periodo storico affrontato, ma che ci lasciano tutti con la stessa sensazione colpevole di aver trascurato troppo a lungo la storia, come gli avvertimenti fastidiosi gridati sulla soglia di casa da una mamma apprensiva, che prima o poi ci si pente di non aver ascoltato.

Victus, di Albert Sánchez Piñol (Rizzoli)

È il romanzo ideale per chi vuole capire che cosa accadde nel 1714, quando Barcellona cadde nelle mani dei Borboni dopo un lungo assedio, durante la guerra di secessione spagnola. Victus racconta fra le altre cose la difesa della città e tratteggia un ritratto efficace e ricco di sfumature dei suoi protagonisti, dalla classe dirigente alla base popolare. L’autore, antropologo, racconta l’epica di quei momenti, ma anche la vigliaccheria, il meglio e il peggio dell’uomo, al centro del momento storico che cambierà per sempre la storia della Catalogna. La documentazione è esaustiva e tutto ciò che viene raccontato è reale, per quanto insolito e romanzesco possa sembrare. Per conoscere i giorni di settembre del 1714 che sono il prologo lontano delle rivendicazioni catalane di oggi. E l’avventura della difesa di una città. Avventuroso, rigoroso, appassionante.

I girasoli ciechi, di Alberto Méndez (Guanda)

Un capitano dell’esercito franchista alla vigilia della vittoria, un giovane poeta in fuga verso la Francia con la sua compagna, un prigioniero condannato a morte, un intellettuale repubblicano nascosto dentro un armadio a muro. Quattro storie che trasportano il lettore dentro il lato umano della guerra civile spagnola, fra vincitori e vinti. Storie scritte nel silenzio, che raccontano di esistenze piegate, che portano il segno della sconfitta, ma non quello del rancore, per trovare in quella guerra fratricida una lezione per il presente. Per ricordare che la guerra è sempre dietro l’angolo e a perderla siamo sempre tutti quanti. L’autore morì pochi mesi dopo l’uscita del libro.

Anatomia di un istante, di Javier Cercas (Guanda)

Tutti i libri di Cercas fanno luce sulla situazione spagnola, a partire dal romanzo che lo portò alla fama, Soldati di Salamina. In Anatomia di un istante, lo scrittore ripercorre un episodio della storia spagnola relativamente recente e significativo per capire il presente: il colpo di stato fallito del 23 febbraio 1981. Cercas racconta con dovizia di particolari il giorno in cui il colonello Tejero entrò armi in pugno al parlamento di Madrid, mentre si votava il candidato alla presidenza del governo. Il golpe, che non arrivò al giorno successivo, fu il risultato delle tensioni uscite dalla transizione, tensioni di cui si continua a risentire tutt’oggi. All’epoca a infuocare il clima politico era la situazione nei Paesi Baschi, oltre alla crisi economica e alla difficoltà che comportava l’organizzazione di uno stato democratico che albergava nelle sue fila molti esponenti appena usciti dal fascismo, nei ranghi militari e non solo. La crisi catalana di questi giorni porta in un certo senso il segno delle tensioni e delle contraddizioni di allora, di una democrazia costruita a suon di compromessi sulle ceneri ancora calde della dittatura.

Adiós muchachos, di Juan Marsé (Frassinelli)

Il romanzo, il cui titolo originale, obiettivamente intraducibile, era Si te dicen que caí (un verso di Cara al Sol, l’inno della Falange) venne messo al bando dalla censura franchista, tanto che l’autore fu costretto a pubblicarlo in Messico nel 1973. È una delle cronache più dure e disincantate che abbia letto di quegli anni, visti attraverso lo sguardo ferito e complice suo malgrado di un gruppo di ragazzi di strada, nella Barcellona degli anni quaranta. È una storia crudele, nella sua immediatezza, che non fa sconti di pena al lettore e lo catapulta nell’essenza di una dittatura: la perdita dell’innocenza, della purezza. Uno scorcio della storia che ha costretto in tanti a vendere l’anima e la propria infanzia. Un ritratto di un’ingenuità spietata e di una spietatezza ingenua. Un addio all’infanzia, sordido e doloroso e crudele. E magnifico.

La metà dell’anima, di Carme Riera (Fazi)

Il giorno di Sant Jordi in Catalogna si celebra la festa del libro e delle rose. Inizia così il romanzo, con la protagonista impegnata a firmare autografi, quando uno sconosciuto le lascia una cartelletta e poi scompare. Dentro ci sono alcune lettere d’amore che porteranno la protagonista sulle tracce di una madre che non conosce. La madre che viveva da benestante sotto la dittatura mentre appoggiava in segreto la resistenza antifascista. Un modo diverso, attraverso una figura femminile intensa e originale, per avvicinarsi agli anni della dittatura franchista e conoscerla, in tutte le sue zone d’ombra e le sue menzogne. Una dittatura la cui ombra si allunga sul futuro, tanto da spingere la protagonista a chiedersi chi sia davvero. Chi siamo noi davvero? Figli di guerre e di tragedie passate che non conosciamo del tutto, la nostra identità in bilico sul passato, un passato che dovremmo conoscere meglio ma che continuerà a sfuggirci. Insieme al senso del presente.

La piazza del diamante, di Mercè Rodoreda (Beat)

Impossibile parlare di letteratura catalana senza citare La piazza del diamante, la storia di una giovane che vive nel quartiere di Gràcia, a Barcellona, durante la guerra civile. Una giovane come tante altre, semplice, umile, riservata, discreta, attraverso i cui occhi il lettore vive, intuisce e sfiora, senza enfasi e senza proclami, il dramma della guerra civile nelle sue ripercussioni più quotidiane e dolorose: la paura, la fame, la solitudine, la morte delle persone care, tutta la fragilità dell’essere umano davanti a un momento storico più grande di lui, all’insegna della violenza e della barbarie. Una storia intessuta di rassegnazione, di attesa, di insoddisfazione e delle piccole e grandi crudeltà che la storia incide sul nostro quotidiano. Una cronaca sincera e diretta della Barcellona di quegli anni.

Omaggio alla Catalogna, di George Orwell  (Oscar Mondadori)

Non si tratta di un romanzo, in realtà, ma è un altro libro che non può non essere citato. La guerra civile spagnola vista attraverso gli occhi di George Orwell, che arrivò a Barcellona nel dicembre del 1936 e finì presto per arruolarsi nelle file repubblicane e prendere parte in prima persona alla storia del paese. Le descrizioni della città, della sua atmosfera, e le vicissitudini al fronte, sono intense e appassionanti e non hanno nulla da invidiare a un romanzo. Un viaggio avventuroso fra le contraddizioni della storia, mosso da un profondo bisogno di giustizia e scritto in uno stile asciutto che lo rende ancora più efficace. L’esperienza personale dell’autore acquista un carattere universale e si fa al tempo stesso diario e riflessione teorica e storia.