
Quando la crisi finirà, ci sarà tanto di quel testosterone da smaltire nell’aria, nella comunicazione politica, nel modo di governare e di intendere l’autorità, che i diritti delle donne rischieranno di essere scacciati via come una spruzzata di lacca molesta. Se fino a ieri le cose serie si declinavano al maschile, da domani non si tratterà soltanto di quelle serie, ma della nostra sicurezza, dello spirito di sacrificio necessario per risorgere come comunità, della volontà comune di ripartire. E in quella volontà comune, le aspirazioni delle donne e i loro progetti di vita saranno ammennicoli graziosi che possono abbellire gli scaffali in tempo di noia, ma che in caso di emergenza devono essere spazzati via da un braccio possente e muscoloso, senza esitare, per fare spazio a quello che conta.
Nessuno ci dice abbastanza che quello che conta, ora, per salvarci, non sono le misure sempre più autoritarie, non sono i politici che fanno la voce sempre più grossa e neanche i militari o le forze dell’ordine. Senza nulla togliere al buon senso e alla necessità e all’importanza di restare in casa, in questi giorni a salvarci sono state la fantasia e la creatività e la generosità, di chi crea mascherine in 3D, di chi si reinventa professionalmente in un batter di ciglia, di chi regala il proprio lavoro, crea piattaforme on line, di chi sa che i problemi esigono soluzioni, non solo divieti.
Quando la crisi finirà, sarà facile, fin troppo facile, lasciarsi convincere che non c’è spazio per i sogni di tutti e che quelli delle donne devono essere i primi a cadere, per lasciare posto agli altri. Allora cominciamo da adesso a ricordarci che non esiste un solo modo di gestire la società, che i sacrifici non hanno genere, che nessuno potrà venire a dirci che il lavoro delle donne conta di meno o è meno utile per ripartire e che tutto questo sfoggio di autorità e potere sulla vita delle persone è un vizietto a cui più d’uno farà fatica a rinunciare, soprattutto in una società in cui i maschi ultracinquantenni si aggrappavano al potere con i cerotti di un ego smarrito, e non è che l’altra faccia dei sorrisi paternalistici con cui hanno guardato al nostro impegno fino a ieri.