
L’educazione di genere a scuola è fondamentale, dovrebbe diventare una materia a parte, dovrebbe avere la stessa importanza che molti istituti attribuiscono ormai al lavoro di gruppo, perché se non hai un approccio sano al genere, come puoi pensare di lavorare bene in gruppo? Se le relazioni fra compagne e compagni non sono impostate sulla base del rispetto e della consapevolezza reciproci, come possono instaurarsi dinamiche di classe serene e proficue?
Da dove iniziare? Ecco tre spunti di riflessione e tre passi semplici per cominciare.
1. Parliamo di esseri umani, non di uomini. Ricorderò sempre il giorno in cui mio figlio doveva copiare alcune righe dal libro di terza elementare e davanti alle frase “per ricordare le imprese degli uomini” ha alzato la testa e mi ha chiesto “Aggiungo ‘e delle donne’?” Ogni volta che diciamo “uomini” invece di dire “esseri umani” escludiamo le donne dalla narrazione collettiva, ricacciamo nell’ombra il contributo di tante figure femminili che sono state già fin troppo ignorate. Quante volte davanti a una rivendicazione femminista ci siamo sentite dire “Ma siamo tutti essere umani”? In quel caso io rispondo sempre: “Se ci succede in quanto donne, dobbiamo parlare di donne”. La storia però ci riguarda tutti, quindi perché non dovremmo parlare di “esseri umani”?
2. Gli spazi insegnano. Il cortile di una scuola non è solo uno spazio ricreativo. Il modo in cui è organizzato trasmette priorità, valori e gerarchie. Nella gran parte dei cortili scolastici lo spazio è occupato quasi interamente dal campo da calcio, lasciando le altre attività ai margini, alla periferia dello svago. Il calcio non è (o non dovrebbe essere) un’attività prettamente maschile, ma in una società in cui lo è ancora, il fatto che occupi gran parte dello spazio e una posizione centrale traccia rapporti di forza chiari. Un cortile che preveda diversi spazi dispersi può valorizzare le attitivà alternative, stimolare la creatività, ridurre le disuguaglianze e contribuire a creare relazioni paritarie e meno conflittuali.
3. La Scatola Rossa per gli assorbenti in sospeso nei bagni. I tabù si combattono usando le parole giuste, valorizzando i racconti individuali e collettivi, ma anche occupando gli spazi comuni e pretendendo che rappresentino tutti. Una scuola che non prevede le mestruazioni almeno negli spazi interessati, come i bagni, è una scuola che lascia nell’ombra una parte importante della vita e delle necessità, fisiologiche ed emotive, delle sue studentesse. Sì, c’è sempre un’insegnante di buon cuore con un assorbente nel cassetto, a cui chiederlo con discrezione. Ma non siamo obbligate a quella discrezione, non siamo tenute a nasconderci. Dove non c’è posto per le mestruazioni, non c’è posto neanche per le donne. La Scatola Rossa, o Tampon Box, è un progetto a costo zero, bastano una scatola di cartone e un po’ di fantasia. Chi potrà vi lascerà un assorbente e chi ne avrà bisogno ne troverà uno, e non c’è modo migliore per fare educazione di genere insegnando al tempo stesso il valore della comunità, della collaborazione e degli sforzi condivisi.
Per gli insegnanti, ecco una SCHEDA DIDATTICA da scaricare e usare in classe, dedicata proprio alle mestruazioni e ai vari modi per parlarne a scuola a partire dal romanzo “Fazzoletti rossi”, con percorsi di approfondimento sulle mestruazioni in Nepal e sulla dea bambina, la Kumari, e diversi spunti di riflessione: dal colore rosso, al bullismo, al sentirsi invisibili, alle superstizioni legate al ciclo mestruale.
È complicato? Meno di quanto sembri, se lo si ritiene superfluo. Per niente, se lo si ritiene indispensabile. Si può fare, basta volerlo fare.