Come convincere un bambino a leggere in dieci passi

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1. Per prima cosa, non cercate di “convincerlo” a leggere. La lettura è una delle attività più intime e private che esistano; se sente che non gli appartiene, che gli viene imposta, non diventerà mai un lettore.

2. “Mio figlio non legge.” Ne siete proprio sicuri? Vostro figlio legge eccome, solo che non legge quello che volete voi. Legge le istruzioni dei giocattoli, le scritte delle pubblicità, qualche ricetta di cucina se preparate insieme una torta. Legge tutto quello che lo incuriosisce. È circondato dalle parole, sta solo cercando quelle giuste per lui (o per lei).

3. Non ditegli che non legge abbastanza. Nell’istante in cui lo se lo sente dire diventa un non-lettore, non leggere sarà un tassello della sua identità e tutto il resto accadrà a partire da lì. Spiegategli perché per voi è importante leggere, piuttosto, che cosa lo rende così speciale.

4. Non date, vi prego, retta alle maestre che dicono di farlo leggere mezz’ora al giorno. Come si può amare qualcosa che sei costretto a fare mezz’ora al giorno? Io finirei per odiare perfino la Nutella, se mi obbligassero a mangiarne un cucchiaino al giorno. Tutto il tempo che non lo costringete a leggere vi sarà restituito, con gli interessi, quando lo vedrete prendere in mano un libro di sua iniziativa.

5. Circondatelo di libri. Non c’è bisogno di rimetterci uno stipendio, ci sono biblioteche magnifiche, librerie da visitare e in cui curiosare, ci sono i vostri libri. E non solo libri. I fumetti sono perfetti per iniziare a leggere, fra immagini e lettere maiuscole. L’importante è che la pagina scritta e illustrata diventi un’abitudine, una presenza familiare. Che faccia parte della sua vita e della vostra. Sì, anche se non ne ha mai letto uno.

6. “No, quello no, prendi un libro vero, per favore!” disse una madre al figlio, in biblioteca. E lui mise giù il libro a fumetti su Batman rassegnato e prese un volume di fiabe che gli interessava più o meno come un manuale di astrofisica. E che probabilmente non aprì mai. Se volete che vostro figlio legga, lasciatelo libero di scegliere.

7. Dove non arriva la parola scritta, possono sempre arrivare le storie. E le storie, come le parole, sono ovunque. Sono una sfida durante un viaggio in macchina, il compagno perfetto al momento di andare a dormire, lo scacciafantasmi migliore che c’è. E nascono ovunque, in un pezzetto di carta trovato per strada, in una fotografia, in una lettera, in quello che avete fatto mentre eravate lontani. Siamo circondati dalle storie. E ne abbiamo bisogno più di quanto crediamo.

8. Dopo aver disubbidito alla maestra, ignorate  i consigli dell’optometrista. Certo, ha ragione. Leggere tutti storti, sdraiati a letto o sul divano, è il modo migliore per rovinarsi la vista e la cervicale. Ma se l’optometrista assomiglia a quello da cui sono andata io e dice a vostro figlio di leggere seduto a tavola, tenendo il libro nel modo giusto, se possibile su un leggio, allora i libri sono spacciati. Si fa sempre in tempo ad accendere una lampadina o a consigliargli di non tenere la pagina incollata al naso, se sarà necessario.

9. Non proponete la lettura come un’alternativa a quello che gli piace di più. “Se non mangiassi tutto quel cioccolato, allora sì che ti piacerebbero i broccoli al vapore.” Che effetto vi fa, messa così? Se per leggere deve rinunciare ai videogiochi, la prospettiva di aprire un libro non sarà molto allettante. I libri non sono un’alternativa ai videogiochi o alla televisione. Non si escludono a vicenda, possono convivere serenamente.

10. Leggete. Sembra banale, ma è fondamentale che la lettura faccia parte della vita di tutti. Leggete quello che piace a voi, davanti a loro. Non sentitevi in colpa a dire a vostro figlio che in quel momento non potete dargli retta perché state leggendo. Se i libri sono tanto importanti, allora ogni tanto è giusto che vengano prima di tutto il resto.

Leggere sul cellulare può salvare le storie?

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«Ho ricominciato a leggere, erano anni che non leggevo più.»

«Davvero? Che bello!»

«Sì, non avevo mai tempo. Non che adesso ne abbia, eh?»

Sento odore di Sindrome dello Strofinaccio lontano un chilometro. E la mia amica, devo dirlo, ne è affetta in modo grave. Ha una figlia ormai grandicella, una casa fin troppo pulita, un lavoro part time e l’incapacità cronica di ritagliarsi tempo per se stessa senza sentirsi in colpa. Piuttosto va a fare la spesa, cucina per la settimana dopo, toglie una polvere inesistente o stira le lenzuola (segno che la Sindrome dello Strofinaccio è nella fase acuta, secondo me).

«E allora quando leggi?» le chiedo.

«Mentre cucino. Sul cellulare. Guarda.»

Mi mostra la sua biblioteca sullo schermo del cellulare e devo ammetterlo, per un attimo mi irrigidisco. Eh, no, dice una parte di me, così non vale, così si perde tutta la magia, e poi guarda che schermo minuscolo, come si fa a leggere così, così non è mica un piacere…

Poi però vedo come si illumina mentre mi mostra il suo piacere proibito e tutti i titoli sul suo cellulare. Perché sì, per la mia amica la lettura è – e forse sarà sempre – un piacere proibito. Non è quello che le hanno insegnato, non rientra fra i compiti della brava donna di casa. Uscita di casa giovanissima, con un rapporto precario con i genitori, con cui ha interrotto in pratica ogni rapporto nonostante vivano a due passi da lei, la mia amica si porta dentro più sensi di colpa di quanti ne restino sull’inginocchiatoio di un confessionale. E il suo modo per affrontarli o almeno conviverci è ammazzarsi di fatica. O convincersi di farlo. Convincere se stessa e il mondo di essere esausta e di non aver dedicato neanche un minuto a se stessa. La lettura non è contemplata nel suo stile di vita. La lettura è per le donne oziose e un po’ supponenti, per chi ha tempo per guardarsi dentro e rinchiudersi dentro di sé dimenticandosi del resto. Mica come la televisione, che ti distrae. No, la lettura è uno specchio, e come ogni specchio che si rispetti, è simbolo di egocentrismo e vanità e tempo da perdere.

Leggere sul cellulare rende tutto diverso. Guardare lo schermo del cellulare nella sua visione delle cose è concesso, e il fatto che la lettura sia un po’ meno piacevole, che ci si debba sforzare per leggere, che non sia soltanto un piacere, lo rende accettabile. Farlo mentre si cucina, poi, scaccia ogni dubbio rimasto. Forse arriverà il giorno in cui anche lei metterà da parte il cellulare e le verrà voglia di entrare in libreria o almeno di passare a un ereader, ma per ora va bene così.

E mentre parlavamo, dopo aver messo a tacere con qualche gomitata la parte di me che continuava ad arricciare il naso infastidita, ho pensato che forse è proprio questa la strada per conquistare nuovi lettori e salvare la lettura. Che il cellulare può diventare un grande alleato e che le storie troveranno sempre e comunque il modo di arrivare al lettore, anche da uno schermo minuscolo e con un’impaginazione che ai grafici editoriali farebbe venire l’orticaria, probabilmente.

In fondo, che importanza ha, se al posto del profumo della carta la mia amica sente quello dei cannelloni, al momento di leggere? La luce nei suoi occhi mentre mi raccontava dell’ultimo libro che ha iniziato (stavo per mettere le virgolette a libro, eh, ma mi sono trattenuta), il suo ritrovato amore per le storie e anche e soprattutto per se stessa e per i momenti “rubati” agli altri (qui sì, le virgolette ci volevano) e dedicati a ritrovare la persona nascosta dietro tanti compiti e doveri e sensi di colpa, è questo l’importante, e non c’è profumo della carta che regga.

Ripartiamo dai lettori, non dai libri, se vogliamo che le storie continuino a vivere. Perché sono le storie che contano, non gli scrittori, non i libri e non gli editori. Le storie e chi le ascolta, le interpreta, le guarda, le legge e poi le trasmette ad altri. Saranno le storie a salvarci, non i libri e non la carta. Le storie e la loro capacità unica di restituirci a noi stessi, di permetterci di ritrovarci, finalmente, nel riflesso di un mondo nuovo e diverso da noi.

Mamma, ti leggi una storia?

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Alzi la mano chi dopo dieci minuti di gioco con i cubi o con le macchinine insieme al pargolo non ha provato il desiderio improvviso di fare qualcosa di più gratificante, tipo pulire il water. E per quanto io adori leggere insieme ai bambini, all’ottava rilettura di Riccioli d’oro credo che avrei preso la sedia di papà orso e gliel’avrei tirata in testa. All’orso, non al bambino.

No, non siete finite in un blog per mamme. Si parla sempre di rosa e femminismo. Perché uno dei motivi per cui il rosa può essere femminista è che insegna a essere felici. Ma allora, considerato che come è noto insegna più l’esempio di mille parole, per quale motivo dopo aver letto Peppa Pig non possiamo prendere in mano il nostro libro per dieci minuti, con buona pace del pargolo? Quale modo migliore per insegnare ad amare la lettura? Non sarebbe fantastico per le nostre figlie vedere che la mamma ogni tanto legge qualcosa che le piace? Così sì che si sentirebbero autorizzate e incoraggiate a fare altrettanto. Perché allora leggiamo il nostro libro di nascosto, la sera, quando i bambini sono andati a dormire, neanche fosse un piacere proibito, e di giorno ci facciamo vedere lavorando e o svuotando lavatrici? Che messaggio crediamo di trasmettere con tanta abnegazione, se non che altrettanta abnegazione sarà richiesta loro più avanti?

Intendiamoci, non sto dicendo di fregarsene mentre il pargolo fa l’equilibrista sul davanzale e neanche di creare un clima di terrore imponendo il silenzio assoluto. Anzi, se il libro o l’età del pargolo lo permettono, potete leggerlo a voce alta. Si tratta solo di educare alla lettura, davvero, nel quotidiano.

Di educare al piacere, senza sensi di colpa. Per non rischiare di insegnare anche quelli.