Di mamma non ce n’è una sola

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Le mamme prima di diventare mamme non esistono.

O se esistono, la loro vita è stata tutta una lunga attesa della prole e della famiglia che il futuro aveva in serbo per loro. Chi vuole una dimostrazione, può farsi un giro sull’account Instagram Mothers Before, che raccoglie le immagini di quella specie in via di estinzione che sono le madri da giovani, più misteriose e inavvistabili del mostro di Lochness o dell’Uomo delle nevi. Ed è subito Ritorno al futuro. Una collisione di piani temporali anomala e vagamente inquietante, che ci lascia spiazzati.

Che cosa ci spinge, in quanto madri, a gettare un velo di silenzio e di mistero su tutto quello che abbiamo fatto prima? Perché siamo soprattutto noi a tracciare quella linea, a decidere che la donna che siamo state fino a quel momento rischia di essere inadatta ed è meglio lasciarla fuori dalla porta. Ed è lì, in quella difficoltà a permetterle di entrare, in quel bisogno quasi inspiegabile di lasciare fuori di casa una parte di sé, che prendono forma i primi sensi di colpa e che la nostra libertà si incrina.

Quanto senso di inadeguatezza c’è, in quella riga tracciata nella nostra vita? Quanto incide lo sforzo di assecondare le aspettative altrui e di rientrare nel ruolo che la società a quel punto ha confezionato per noi? Un ruolo fatto di sacrificio, di amore materno assoluto e incondizionato, di stanchezza come misura del nostro valore, un ruolo in cui i nostri sogni si tingono di egoismo e le nostre necessità si fanno superflue.

Non dovrebbe esserci niente di incompatibile nei nostri sorrisi da giovani, nella nostra freschezza, nelle nostre espressioni maliziose, battagliere e sognanti. Non dovrebbe esserci niente di scandaloso nella dimostrazione che siamo esistite lo stesso per anni, senza un “mamma di” e un “moglie di” che ci definisse. Allora perché non ci raccontiamo di più? Serve un racconto del femminile in società, ma serve anche un racconto del femminile all’interno della famiglia, in cui la donna non sia definita soltanto dalle esigenze e dall’amore altrui.

Perché se la maternità ci separa da quel che siamo state prima, se lo rende inopportuno e sbagliato, finiremo per convincerci che quelle sbagliate e inopportune siamo noi. E che le frustrazioni ci legittimano più dei desideri, la fatica ci nobilita più del coraggio, che il nostro passo può essere scandito soltanto dal ritmo delle esigenze altrui, mai dalle nostre.

Raccontiamoci. Raccontare noi stesse ha qualcosa di rivoluzionario. Le parole possono fare miracoli, e possono renderci di nuovo protagoniste della nostra vita.