Una slitta carica carica di…

 

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Caro Babbo Natale,

quest’anno vorrei che la mamma e il papà non mi dicessero più che devo essere carina con tutti e che il bambino di seconda mi tira i capelli perché in realtà gli piaccio e di dare un bacino a quel signore che mi fa sempre il solletico in un modo che mi dà fastidio;

vorrei che la mamma non mi dicesse tutto il tempo di tirare giù la gonna e di stare attenta a non mostrare le mutandine e di chiudere le gambe, mentre a mio fratello non dice mai niente;

vorrei che i miei genitori la smettessero di ripetermi che ho un caratteraccio e che non troverò mai un fidanzato, ogni volta che dico come la penso;

vorrei poter spiegare al prof di ginnastica che ho le mestruazioni e alla prof di mate che devo andare a cambiare l’assorbente, senza dover inventare ogni volta un sacco di scuse, neanche mi fossi fatta la pipì addosso;

vorrei che i ragazzi e gli uomini non pensassero che le mie tette sono un biglietto omaggio per il cinema e che possono fissarle quanto gli pare, che a volte mi verrebbe da chiedere se vogliono anche i popcorn;

vorrei che i prof mi prendessero sul serio all’università quando parlo, senza sorrisetti condiscendenti, vorrei non dover usare un tono due volte più serio e più deciso dei maschi per dimostrare che valgo qualcosa;

vorrei che la gente intorno a me non desse per scontato che io sia disponibile, accogliente e gradevole, e che le mie proteste e la mia rabbia non venissero sempre spacciate per capricci lamentosi;

vorrei poter raccontare alle mie amiche che mio marito mi fa sentire inutile e di quella volta che ha alzato le mani oltre alla voce, senza sentirmi rispondere che devo sopportare, che in coppia si fanno dei sacrifici e che qualcosa avrò fatto per meritarmelo e dovrei essere un po’ più premurosa e tollerante con lui;

vorrei che tutti capissero che se hai paura è sempre violenza;

vorrei che la smettessero di chiedermi quando faccio un figlio;

vorrei smettere di pensare che se sto male è perché sono sbagliata io e non il mondo in cui non posso dirlo, che sto male.

Ma se tu non puoi, allora carica la slitta di tutta la sorellanza che trovi, di ogni momento in cui le donne si sono tese la mano, hanno ascoltato, consolato e sostenuto altre donne, di tutte le chiacchiere che ci hanno salvato, di tutte le nostre risate e le nostre voci e le nostre storie, quelle che nessuno vuole ascoltare. Riempi il sacco di quella cosa meravigliosa e magica che sono le donne che sognano e combattono e si divertono insieme, che si riconoscono nel dolore delle altre perché sanno che quel dolore è donna e pesa su ciascuna di noi, anche su chi non vuole sentire, anche su chi finge che non sia così, anche su chi ci prova e sbaglia ogni volta. Perché se ti succede in quanto donna, allora è successo a tutte quante, e solo quando smetteremo di sentirci sole e sbagliate il mondo intorno a noi sarà diverso e ci assomiglierà di più. Lascia cadere un po’ di quella sorellanza in ogni camino, mettine un po’ sotto ogni albero, e al resto penseremo noi. Grazie.

 

Una femminista alle prese con il Natale

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“Sicura?”

“Sicurissima, mamma.”

“Non preferisci Il laboratorio di meccanica? Il libro sulle bambine ribelli? Un completo da calcio?”

“Io non gioco a calcio.”

“Ma potresti! Lo sai vero che potresti?”

“…”

“La biografia di Frida Kahlo?”

“Ce l’ho già, mamma.”

“Davvero?”

“Era in Donne forti e ribelli che tua figlia dovrebbe conoscere se non vuoi che faccia la tua fine.”

“E dov’è finita?”

“L’ho usata per costruire un letto a baldacchino all’orsetto.”

“…”

“…”

“Tuo fratello ha chiesto un fucile, un robot distruggitutto e una macchina telecomandata. Tu vuoi la bambola da truccare e pettinare, lo smalto per le unghie, la cagnolina con il fiocco rosa e il kit per le collanine. Dove ho sbagliato? È colpa delle cattive compagnie? L’avevo detto che dovevamo fare il presepe femminista quest’anno.”

“Se vuoi puoi metterci il fiocco azzurro alla cagnolina, mamma, se ti fa stare meglio.”

Se le mamme femministe ricevessero la pagella, arriverebbe a dicembre, sotto forma di letterina a Babbo Natale dei figli. E in poche, confessiamolo, avremmo la sufficienza. Fra fiocchetti, pistole, confezioni regalo più esplicite del cartello sulla porta di un bagno pubblico (fucsia, rosa e bianco verginale da una parte; blu, arancione e rosso sterminatore dall’altro), tutti i nostri sforzi si disperdono come lo zucchero a velo del pandoro su un maglione nero. Noi possiamo anche ignorare sprezzanti i cataloghi divisi stile spogliatoio, Giochi per femmine e Giochi per maschi, ma i nostri figli no. Loro non hanno neanche bisogno di leggerle, le indicazioni. Aprono il catalogo a caso e puntano il dito. E sarebbero capaci di trovarla a occhi chiusi quella Barbie anoressica vestita da velina o quel fucile combat a canne mozze che farebbe scappare Rambo a gambe levate.

Poi per fortuna arrivano gli esami di riparazione. Ed è quando li vedi giocare e scopri che tua figlia ha fatto la cresta punk verde alla bambola e ha usato lo smalto viola per tatuarle il simbolo femminista sulla guancia e che tuo figlio ha messo al robot distruggitutto una delle collanine rosa che gli ha regalato sua sorella e ne porta un’altra al collo, che puoi tirare un sospiro di sollievo.

Non hanno vinto i cataloghi, non abbiamo vinto neanche noi, hanno vinto loro. Per fortuna. E sono pronta a scommettere che a furia di dormire sopra la biografia di Frida Kahlo, anche l’orsetto abbia dato il suo contributo.