Ebbene sì. Lo confesso. Sono arrivata al rosa per caso. E anche un po’ per necessità. Se qualcuno mi avesse chiesto quattro anni fa che cosa ne pensavo del rosa, avrei detto che non era abbastanza aggressivo, ribelle e – ma sì, ammettiamolo – intellettuale per i miei gusti. Fatto. L’ho detto. Ho confessato.
E invece no. Perché più scrivevo storie d’amore e ne leggevo, più mi rendevo conto che c’era tutto. Tutto quanto. Era un genere ribelle (che cosa c’è di più ribelle che desiderare di cambiare la propria vita e impegnarsi per riuscirci e pensare di poterlo fare davvero?), era un genere che emozionava le donne e le riuniva, i due presupposti fondamentali per qualunque battaglia, e soprattutto mi faceva stare bene. Mi emozionava, o meglio, sturava quell’ingorgo emotivo che mi portavo dentro e che mi faceva commuovere per qualunque scemenza (comprese canzoni che non confesserò neanche sotto tortura), mi faceva tornare la voglia di sognare, di concentrarmi su quello che mi rendeva felice e dimenticare il resto.
E nel frattempo, il rosa italiano è cambiato, e il mio viaggio è diventato ancora più interessante. E in questo blog vi racconterò come è andata. Con la speranza di continuare a viaggiare in compagnia.
Alla prossima!