CORSO SPRINT DI SCRITTURA CREATIVA

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di Olivia Crosio

Prima lezione. Non lasciarti prendere la mano da progetti assurdi. Comincia semplicemente dall’inizio, e alla fine tornaci.

Seconda lezione. Tutto quello che scrivi oggi, domani ti farà orrore, perché sai di essere capace di fare molto meglio, anche se PER IL MOMENTO non ci riesci, chissà come mai. Se non piace a te, figurati agli altri. Ricomincia.

Terza lezione. Tema: il blocco. Il blocco… Sì, il blocco. Certo, non è facile. No, vero? Eh, be’, già. Mmm… aspetta un attimo…

Quarta lezione. Una volta superato in qualche modo il famigerato blocco da pagina bianca, rileggerai tutto quello che hai scritto prima e lo butterai via perché il blocco ti avrà fatto maturare. Ricomincia. A questo punto, dovresti avere un paio di paragrafi di cui non ti vergogni davanti a te stesso. Consolati con il fatto che questo corso è gratuito.

Quinta lezione. Sei un falegname. Sega, pialla, incolla, inchioda, vernicia. Ti sporcherai. E in fondo alla giornata sarai stanco come un falegname, ma stai creando un piccolo pezzo unico, non un Ikea.

Sesta lezione. Cercare di imitare l’ultimo libro che ti è piaciuto non paga! Non sei quello scrittore lì, sei qualcun altro! Per scoprire chi (sei), e per avere qualcosa da raccontare, esci dal guscio e vivi un po’, a costo di fracassarti le corna contro un muro. Niente paura, poi ricrescono.

Settima lezione. Mentre sei fuori a sbattere le corna di qua e di là, non perdere tempo a parlare ma ascolta gli altri. Loro sono la farina, le uova e il burro con cui confezionerai la tua storia. Non dimenticare il pizzico di sale. La ciliegina è il tuo stile personale.

Ottava lezione. Se pensi di scrivere per le donne, mira al cuore e alla mente. Se pensi di scrivere per i ragazzi (maschi e femmine), mira ancora al cuore e alla mente. Se pensi di scrivere per gli uomini, mira alla mente e basta, perché loro il cuore ce l’hanno, ma lo tengono rinchiuso.

Nona lezione. Punti, virgole e altri segni non sono come le zanzare, cioè apparentemente inutili: sono i respiri della frase. Gli a capo sono respiri un po’ più lunghi e servono per prendere ossigeno.
In fondo, anche le zanzare sono cibo per insettivori.

Decima (e ultima!) lezione. Sei arrivato alla fine. Hai scritto la tua opera. Finora ti sei divertito, hai dato sfogo al vero te stesso. Ma il lavoro inizia adesso: rileggi e ti metterai le mani nei capelli. E se per caso dopo la terza o quarta stesura qualcuno ti comprerà, allora entrerai in un vero e proprio incubo, perché la tua opera non sarà più tua, tutti ci ficcheranno il naso e le mani e vorranno dire la loro, ti costringeranno a cambiare questo e quello, ognuno ne darà una interpretazione personale lontanissima dalle tue intenzioni, eccetera eccetera.

Se volete seguire Olivia Crosio e saperne di più sui suoi romanzi, trovate tutto qui.

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Manuale di NON scrittura creativa/13

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Funziona un po’ come per le bugie. Fornire troppe spiegazioni non richieste è il modo migliore per far insospettire chi ci ascolta. Sempre meglio dare molto per scontato, dire il meno possibile, rimandare tutte le spiegazioni che possono essere rimandate e fornire solo le informazioni necessarie.

Con le storie è lo stesso.

Le informazioni sono il cruccio di molti scrittori, se le portano nello zaino come un fardello che non vedono l’ora di svuotare nella storia e farla finita. Ecco così che sul più bello, magari quando l’eroe è in pericolo di vita e i paramedici sono arrivati appena in tempo e stanno per praticargli l’iniezione che potrebbe salvarlo, senza sapere che il nostro eroe è allergico proprio alla medicina che stanno per sparargli in vena, mentre la siringa viene preparata, la storia si interrompe per:

  • avvisarci che il protagonista è allergico a quel farmaco (adesso?!).
  • spiegare che di solito tiene sempre al collo una targhetta che avverte dell’allergia ma che giusto il giorno prima se l’era tolta in piscina dove va tutti i mercoledì da undici anni ma poi l’ha dimenticata negli spogliatoi e quando se n’è accorto era troppo tardi e la piscina era chiusa.
  • raccontarci di quando da piccolo si trovò in una situazione identica e fu salvato dalla teppa della scuola che tirò il pallone contro l’infermiera un attimo prima che gli somministrasse la medicina.
  • spiegare che il nostro eroe ha sempre avuto un terrore cronico delle siringhe e che da piccolo si nascondeva sotto il letto per non farsi trovare ed era sempre il cane a rivelare la sua presenza alla madre
  • una breve storia degli otto anni di vita del cane, morto tragicamente sotto le ruote dell’auto del padre del protagonista.

E quindi, dov’eravamo rimasti? Appunto, dove eravamo rimasti?

La tensione della scena ormai è andata e il lettore ha perso ogni interesse, travolto da una valanga di informazioni inutili. Ma allora, quando dobbiamo informare il lettore e come fare a capire quali informazioni gli servono e quando?

In realtà, distribuire le informazioni è più facile di quanto sembri: basta aspettare che ce le chieda la storia. In qualche caso, dovremo tornare indietro e aggiungerle qualche capitolo prima, come nel caso dell’allergia del protagonista, ma è sempre la storia ad avvisarci, a chiedere spiegazioni, a esigere dettagli. Capiterà perfino di trovare le informazioni sulla pagina prima ancora di averle pensate.

La chiave, però, è limitarsi alle informazioni indispensabili. E per indispensabili intendo proprio indispensabili. Chi decide se sono indispensabili, chiederete voi? Siamo sempre lì: lo decide la storia.

Voi per esempio avete stabilito che la vostra protagonista ha divorziato cinque anni prima. Ma se ha perso del tutto i contatti con l’ex marito, se l’ex marito nella storia non compare, se nessuno dei personaggi sente il bisogno di chiederglielo o di ricordarglielo, se lei stessa non sente mai il bisogno di ripensare al primo marito e agli errori e alle gioie del primo matrimonio, allora è molto probabile che non abbia bisogno di saperlo neanche il lettore. E che la vostra protagonista non abbia mai avuto una fede al dito, qualunque passato avreste voluto per lei. Come bravi genitori, ogni tanto dobbiamo tirarci indietro e arrenderci all’evidenza: i nostri personaggi non fanno sempre le scelte che riteniamo più adatte a loro.

Se un’informazione è importante, sarà la storia a chiederla e se avete costruito bene la trama  e il personaggio, non ci sarà neanche bisogno di informare il lettore, perché lo capirà da solo. Non esiste insomma una regola universale sul momento giusto per dare un’informazione, ma in linea di massima vale sempre la pena di rimandare tutte quelle che possono essere rimandate, con almeno due eccezioni: la bomba e la pistola.

La bomba è quella di cui parlava Hitchcock, nascosta sotto il tavolo a cui chiacchierano tranquilli i due personaggi. Lo spettatore può non saperne niente e saltare sulla sedia insieme a loro, ma se lo sa, la tensione della scena salirà alle stelle. Anche la pistola arriva dai manuali di sceneggiatura, che insegnano che se a un certo punto compare una pistola, prima o poi dovrà sparare. Vale per qualunque informazione mettiate nella storia. Se non è importante, se la storia non ve lo chiede, meglio evitare di aggiungerla. Ma se la aggiungete, prima o poi dovrà farsi sentire.

Ascoltate la storia, insomma, e parlate solo se interrogati, come si diceva una volta ai bambini. Non so se i bravi scrittori lo facevano, ma sono pronta a scommettere che sono ottimi bugiardi.

Note sul Noir/2

Foto Lea Lonza
Foto Lea Lonza (CC)

di Maria Masella

Due parole guida per chi scrive (e legge) noir (e non solo).

Se dico due intendo due: coerenza e movente.

La mancanza di coerenza allontanerà chi legge noir e un buon approfondimento sul movente inviterà ad acquistarne altri tuoi.

Spesso la lettrice e il lettore leggono velocemente, a spizzichi, ma di solito chi legge noir ha buona memoria e un buon allenamento a riesaminare mentalmente i fatti narrati, disponendoli in ordine cronologico anche se li ha incontrati in ordine diverso. Mi spiego meglio: in una storia è normale fare riferimento a eventi precedenti, anzi a più eventi precedenti, e non sempre si cita prima il più antico. Spesso c’è un lavorio di scavo a ritroso nel tempo. Ecco, parlando con chi legge noir, ho riscontrato la tendenza o la capacità a risistemare gli eventi e in modo cronologicamente corretto.

Quindi chi legge noir trova abbastanza facilmente incongruenze temporali e spaziali.

Come risolvere il problema di fornire un romanzo impeccabile (si spera)?

Che siate “da scaletta” o “all’arrembaggio” (come me) è opportuno, dopo aver scritto la parola fine (che scriverete molte volte!), aprirsi un file nuovo e scrivere la storia del delitto. Un chiaro elenco puntato e numerato in cui non compare il romanzo, ma proprio il delitto.

Esempio? Il mio primo Mariani, Morte a domicilio.

  • anni prima Mariani, durante un’indagine sull’omicidio di una prostituta (X), commette l’errore di rendere pubblico l’agendina della vittima, in cui compare anche il nome di una donna (Y) che ha abbandonato il mestiere, si è sposata, ha una figlia e continua a frequentare la prostituta X perché le “fa i capelli”
  • la leggerezza di Mariani distrugge la vita di Y: il marito si uccide per la vergogna, uccidendo anche la bambina
  • Y, anni dopo, tenta il suicidio buttandosi dal balcone. Non muore ma trascorre molto tempo in ortopedia dove conosce la madre di Mariani (volontaria AVO). Comincia a pensare alla vendetta.

Non procedo oltre perché è già chiaro che non ho lavorato al meglio. Riprovo. (Chiaro perché ho consigliato PC e non carta e penna?)

  • una donna (Y) abbandona il mestiere di prostituta, si sposa, ha una figlia. Continua a frequentare una ex collega (X) soltanto perché le “fa i capelli”
  • qualche anno dopo X viene uccisa.
  • Mariani, durante le indagini, commette l’errore di rendere pubblico l’agendina della vittima, in cui compare anche il nome di Y
  • la leggerezza di Mariani distrugge la vita di Y: il marito si uccide per la vergogna, uccidendo anche la bambina
  • Y, anni dopo, tenta il suicidio buttandosi dal balcone. Non muore ma trascorre molto tempo in ortopedia dove conosce la madre di Mariani (volontaria AVO). Comincia a pensare alla vendetta.

In pratica questo è l’antefatto che Mariani e chi legge scopriranno poco per volta.

Lo stesso lavoro deve essere realizzato per ogni delitto, mettendo ordine nei passi dell’assassino che scopriremo poco alla volta e non sempre nella sequenza in cui li ha fatti. Soltanto rileggendoli si possono trovare incongruenze temporali o spaziali.

Ora si rilegge il romanzo e accanto a ogni punto di quello che fra me chiamo SCHEMA (sì, lo penso maiuscolo) indico in quale pagina del romanzo si scopre quello che lì è detto. Quante volte mi sono accorta di non aver mai scritto nel romanzo un passo importante importantissimo dell’assassino! O di averlo scritto più di una volta (le azioni dell’assassino sempre una volta, non di più per non confondere. Se è qualcosa che riguarda il movente, la ripetizione aiuta). Lo conoscevo ma avevo dimenticato di inserirlo a forza di dire “lo metto dopo che è meglio”.

Quando dico che la revisione di un noir è laboriosa, esagero?

Il movente alla prossima puntata, se interesserà.

In attesa della prossima puntata, se volete leggere le prime Note sul noir di Maria Masella, le trovate qui.

morte a domicilio

Manuale di NON scrittura creativa/11

Regina-Biancaneve

Immagino che sia un po’ come quando vuoi restare incinta e in giro vedi solo pancioni, ma ultimamente mi capitano fra le mani romanzi sull’arte di raccontare. Che si tratti di seguire la genesi di un libro, di una voce narrante che diventa protagonista o dell’insistere sulla coerenza del punto di vista, sono tutte storie in cui la volontà di raccontare diventa evidente. Il lettore si sente accolto, inglobato nello sguardo che gli offre la storia, partecipe.

È così semplice, in realtà, mi sono detta. È tutto qui. Aver voglia di raccontare, una storia da offrire, un universo da svelare.

Sembra banale, ma allora come mai ci ritroviamo così spesso a leggere l’equivalente letterario di un selfie? Diari adolescenziali travestiti da romanzi, che con i diari condividono soprattutto il bisogno di definire un’immagine di sé, stretta fra aspettative pubbliche e aspirazioni private. E con i selfie invece il bisogno e la presenza di un pubblico adorante.

Il mondo della scrittura visto dai social spesso è deprimente, diciamocelo. Gli scrittori dovrebbero scrivere storie, non scrivere delle storie che hanno scritto o che scriveranno. E gli scrittori sui social secondo me dovrebbero parlare di meno e ascoltare di più. Ascoltare i lettori, i loro pareri e le loro storie, cogliere emozioni, spunti, opinioni. Dovrebbero approfittare dello scomodo privilegio di scoprire in diretta che cosa diventano le loro storie agli occhi di chi le legge. Perché se dedicano tanto tempo a offendersi per un parere negativo, a gridare al complotto, a elemosinare recensioni, a fare la ruota sotto la definizione di “scrittore”, finiranno per dimenticarsi che il loro compito è solo raccontare storie, non raccontare se stessi. E che una storia per prendere vita ha bisogno della magia dell’ascolto, di quel momento in cui si abbandona il presente per scivolare in un tempo e in luogo diverso trasportati dalle parole, complici, chi narra e chi ascolta.

Ma per riuscirci bisogna essere in due, le storie non si raccontano davanti allo specchio, soprattutto se le raccontiamo nella speranza di sentirci dire che siamo le più belle del reame.

Per raccontare, insomma, bisogna ricordarsi di ascoltare, ogni tanto.

I consigli di scrittura di Sara Rattaro

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Ogni tanto qui nel blog arrivano ospiti speciali e questa è una di quelle volte. Sara Rattaro, vincitrice del Premio Bancarella di quest’anno con Niente è come te, è una delle autrici italiane che amo di più – l’ho già detto in altre occasioni – per la sua capacità di descrivere il quotidiano, i legami familiari, ma soprattutto per la delicatezza con cui il suo sguardo passa sulle debolezze umane, con una discrezione e una pietà così intense che sembra perdonarle nell’istante esatto in cui le mette a fuoco. Ed è anche una donna di una cortesia e disponibilità davvero rare. Qualche tempo fa le chiesi alcuni consigli di scrittura per il gruppo che gestivo all’epoca su Facebook, Verde bianco e rosa, e lei mi regalò le righe che seguono, che mi ha permesso di pubblicare anche nel blog e che valgono un intero corso di scrittura creativa. C’è da fare tesoro di ogni riga. Buona lettura! 

di Sara Rattaro

Ecco i miei consigli di scrittura. Per condurre il lettore nel mondo fittizio bisogna offrire informazioni per tutti e cinque sensi. Non bisogna concentrarsi solo sulla vista. I lettori devono percepire che ha smesso di piovere, devono sentire l’odore del caffè, arrossire per l’imbarazzo, accarezzare il velluto e sentire la musica in sottofondo.

Siate selettivi. Dovete mostrare solo i dettagli giusti, quelli che rendono vivo un luogo. Siate precisi. I dettagli precisi danno l’impressione che i fatti siano accaduti realmente. Siate ladri e collezionisti di parole. Se sapete distinguere i colori, le piante, i modelli delle auto e il sapore delle spezie darete maggiore precisione ai vostri racconti.

Raccontare le emozioni. Se dichiaro di essere arrabbiata perché non ottengo quello che voglio, esprimo un pensiero chiaro alla comprensione ma l’emozione della mia rabbia non arriva a nessuno. Le emozioni sono fisiche, vengono espresse con sensazioni ed azioni e come per tutte le altre descrizioni, devono essere descritte con chiarezza e precisione attraverso i sensi. Ci sono molti modi per descrivere la mia rabbia. Forse faccio fatica a respirare, sono diventata rossa e la mia voce è diventata roca e gutturale oppure si è spezzata in due dal nervoso. Il segreto è quello di far vivere al lettore le stesse emozioni che sta vivendo il vostro protagonista, elencando una serie di dettagli che creino empatia.

Dialogo. Le scene clou si prestano maggiormente a essere raccontate con il dialogo. I dialoghi attirano l’attenzione e spesso è difficile interromperli. I dialoghi efficaci sono difficili da scrivere. Per farli sembrare autentici dobbiamo ascoltare le persone parlare. Usate i termini colloquiali. Ad uno scrittore è vietato usate cliché ma ai personaggi no. A differenza della vita reale un dialogo narrato deve aggiungere qualcosa alla storia e portarla avanti. Arrivate al punto.

La trama. Non ci sono regole su come trovare una storia. Possono scaturire da un personaggio, un nome, una situazione, un dialogo ascoltato per caso, un luogo, un bacio o un sentimento. Probabilmente il posto migliore in cui cercare ispirazione è la propria vita. Pensate al vostro passato, alle cose che volevate, alle cose che avete dimenticato o perso. Non siate troppo egocentrici. Un bravo scrittore deve osservare le cose dall’esterno e intuire quelle nascoste alla vista. Parlate di ciò che conoscete o diventate esperti di ciò che non conoscete ancora.

Se cercate altre informazioni sull’autrice, le trovate sul suo sito, www.sararattaro.it.

Manuale di NON scrittura creativa/9

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La fine della stesura di un romanzo è il momento delle domande. Alcune le trovate nei post precedenti, ma ce ne sono altre in cui arrivare alla domanda significa essersi già dati la risposta. Sono tutte quelle questioni che ronzano come mosche sul retro della nostra mente e a cui non sempre decidiamo di dare retta.

La mia protagonista non è troppo antipatica? Il suo migliore amico non è uno stereotipo? Ho descritto troppo poco il posto in cui si trovano? Manca l’atmosfera giusta?

Questo, ormai lo sapete, non è un manuale consolatorio, che vi incoraggia a scrivere e vi dice che ce la farete. Al contrario. Vi spiega tutti i motivi per cui il vostro testo potrebbe NON funzionare.
Il vostro e il mio, ovviamente.

A un certo punto della stesura del romanzo che sto cercando di terminare, per esempio, mi è venuto il dubbio che i miei personaggi non fossero abbastanza completi, di non averli descritti abbastanza e che fossero rimasti soprattutto nella mia testa. In questi casi, la risposta secondo me arriva leggendo, leggendo romanzi ben scritti, che amiamo e che vorremmo aver scritto noi. Io sono stata fortunata. In quel periodo stavo leggendo Le confessioni di Max Tivoli, di Andrew Sean Greer, e mi sono imbattuta in questa pagina magnifica:

Non mi rattristava vederla così cambiata. Qualsiasi suo innamorato di un tempo forse avrebbe guardato quella bellezza invecchiata di diciott’anni, piena di espressioni bizzarre e pensose come questa, e si sarebbe sciolto di malinconia per quello che era andato perduto. Ma io non provavo malinconia; io ero diverso. Di lei non conoscevo solo gli aspetti ovvi, gli occhi, la voce, il brio, ciò che il tempo sbiadisce dal corpo: conoscevo l’infausto colpo di tosse di quando si annoiava; conoscevo l’odore dell’anice che usava per coprire quello delle sigarette; conoscevo il brivido delle sue tre vertebre visibili quando un’idea la scuoteva; conoscevo il fremito delle sue palpebre irritate dalla stupidità; conoscevo le lacrime che le salivano agli occhi l’istante prima di uno scoppio di risa; conoscevo le sue grida tremanti nella notte, la voce da operetta nella vasca da bagno, le dita smangiate, il suo modo di russare. Le cose che conoscevo, la Alice che conoscevo, il tempo non le avrebbe toccate.

E ho avuto la mia risposta. Conoscevo i miei protagonisti almeno la metà di quanto Max Tivoli conosce la sua amata? Li amavo almeno la metà di quanto lui ama lei? Perché solo in questo caso potevo sperare che il tempo non toccasse neanche loro.

Ci sono momenti, insomma, in cui solo noi sappiamo qual è la domanda giusta. Ma la risposta può scuotere il nostro testo alle fondamenta con la forza di un uragano. E no, lo so che cosa state pensando, ma non funziona. Dire: “Non importa, io compenso tutto con la forza del mio messaggio alla quarta riga di pag. 247” serve più o meno come chiedere a un uragano se gli spiace passare qualche metro più in là. Ogni tanto funziona, non dico di no, ma quasi sempre si finisce gambe all’aria. E bisogna ricominciare da capo.

Del resto, è quando si finisce gambe all’aria che ci arrivano le idee migliori.

Manuale di NON scrittura creativa/8

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Le emozioni sono la nuova frontiera della pornografia. L’ultimo modo rimasto per spogliarci, dopo aver già visto centimetri di pelle a sazietà. E le emozioni positive, la felicità, la speranza, la gioia improvvisa, arrivano perfino più in là di quelle negative, ormai abusate. Se non credete a me, date retta ai pubblicitari, che ci si sono buttati a capofitto, con spot che strizzano l’occhio ai reality, il bello della diretta aggiornato al ventunesimo secolo.

Le aspirazioni letterarie, come i sogni in generale, sono uno strumento particolarmente raffinato di invasione della privacy. Ma non è mica solo Masterpiece a mettere a nudo i sogni altrui fra sorrisetti condiscendenti, anzi, quasi sempre facciamo tutto da soli. Nell’epoca dei social il pudore è diventato anacronistico, quasi asociale. Ogni giorno ci si ritrova circondati dalla messa in scena del processo creativo altrui. Baricco scrive in diretta il proprio romanzo e la sensazione è quella di sbirciare nell’intimità della sua camera da letto, cosa di cui personalmente farei volentieri a meno.

Facebook è diventato una tabella di marcia per aspiranti scrittori, con statistiche accuratissime sul numero medio di pagine che possiamo scrivere al giorno, un occhio sempre puntato sui computer altrui. Conosciamo i volti dei personaggi prima ancora di trovarli sulla carta, la loro casa, sappiamo come si vestono e dove si troveranno, i luoghi in cui si muoveranno, il tutto fra confronti accesi e preoccupati circa le proprie fatiche di scrittore. E a poco a poco, nell’indifferenza generale, la scrittura perde la propria anima, si riduce a un susseguirsi di numeri, prestazioni, tempistiche, tutto si uniforma e si appiattisce, anche ciò che per definizione è individuale e irripetibile, come il processo creativo.

Non solo tendenzialmente non frega niente a nessuno di quante pagine abbiamo scritto oggi, di quante ne abbiamo cancellate, se abbiamo messo la parola fine o scritto un nuovo numero di capitolo nel nostro manoscritto. Non solo. Credo che ci sia qualcosa di impudico. Che sia sbagliato. Sbagliato come raccontare le emozioni dei vostri figli a loro insaputa (sto aspettando con ansia la vendetta dei futuri diciottenni, quando scopriranno di essere diventati virali mentre ballavano in pannolino insieme al gatto di casa). La vostra storia è innocente. Ha bisogno di silenzio e discrezione. E il vostro dovere è proteggerla.

Ecco allora che in questo improvviso affollamento di scrittori potrebbe essere utile affidare loro un nuovo compito, quello di custodi delle emozioni, del loro segreto. Nella speranza che aiuti a tracciare una linea fra storie e storytelling, fra le trame che nascono dove nascono le emozioni e l’atto di raccontare che si fa merchandising.

Riprendiamoci il silenzio, nel caos entusiasmante del digitale. Fra tante voci, lasciamo che la scrittura almeno cresca nel silenzio.

Ogni tanto, tacciamo.