Mio figlio ha visto un porno

cell-phone-690192_1280

Che sarà mai. Succede, è normale, è l’età, sono ragazzi. Un pizzico di Ubalda, due tette, qualche culo, un paio di respiri da asmatico e quattro spinte dopo è finita. Ed è pronta la cena.

Mio figlio ha visto un porno. Non sappiamo bene quando dove o con chi. Ma il vero problema è che non sappiamo che cosa ha visto. Se pensiamo che sia sesso, quello che i ragazzi possono trovare on line digitando quattro parole sul cellulare, siamo fuori strada. E quel che è più grave, lo sono anche loro.

Non è sesso. È quasi sempre violenza mascherata da sesso. È un susseguirsi di abusi, di violazioni del corpo femminile in cui il consenso è poco più di uno sguardo in macchina. Sono stupri mascherati, la fiera di un piacere maschile malato e perverso, che si nutre di sopraffazione e di corpi vuoti e rubati. Non è proibito, è illegale. Alcuni di quei video sono la messa in scena più o meno artefatta degli articoli che leggiamo sui giornali e delle violenze che ci fanno orrore. Una visione del maschile fondata sul potere, sull’abuso, sul furto, in cui il piacere femminile non esiste e non è contemplato, se non in qualche pallida imitazione a uso e consumo di quello maschile.

Forse non sapremo mai a che età l’hanno visto le nostre figlie e i nostri figli, ma sappiamo da che età erano in grado di vederlo. Basta controllare la data della prima bolletta del cellulare che abbiamo pagato. I nostri figli preadolescenti hanno accesso a materiale pornografico in meno tempo di quanto ne impieghiamo noi a ordinare la cena online.

E così, mentre ci scandalizziamo per i testi di Sfera Ebbasta e teniamo d’occhio le letture scolastiche come tanti inquisitori e controlliamo religiosamente l’età prima di entrare al cinema o di scegliere una serie su Netflix, i nostri figli e le nostre figlie digitano “scopare” e “troia” sul cellulare con la stessa facilità con cui noi cercavamo “stronzo” sul dizionario di italiano e poi ridacchiavamo. Ma con risultati molto diversi.

“Secondo te è adatta a un dodicenne?”

“No, credo di no. A un certo punto lei si toglie la maglietta e lui le tocca le tette.”

“Peccato. Volevo portarlo al cinema. Altrimenti sta sempre attaccato al cellulare.”

Ci siamo saltati un aggiornamento, forse anche due. Come tutti i genitori, del resto. La buona notizia è che possiamo smettere di piazzare un cuscino in faccia al piccolo di casa quando in televisione un bacio si fa un po’ troppo focoso. Altro che cambiare canale quando i due protagonisti di una commedia romantica si cercano nudi sotto le lenzuola: dovremmo alzare il volume e dire: “Ecco, è questo il sesso. Si fa così, vedete? Guardate bene, state attenti che nei film finisce subito. E a volte anche nella vita vera… Si amano o forse no, ma si rispettano e lo vogliono entrambi. E se hanno un po’ di sale in zucca prenderanno le loro precauzioni. Tutto chiaro o volete rivederlo meglio?”

C’è solo un modo per combattere il lato oscuro di internet e non è tagliare le scene di nudo come tanti censori anni cinquanta: bisogna parlarne, parlarne e parlarne ancora, più che possiamo. Non solo. Bisogna parlarne e mostrarlo. È finita l’epoca dei dizionari, in quella di Youtube se non lo vedi non esiste. Il sesso dovrebbe scomparire fra i criteri di classificazione dei film e delle serie. Abbiamo messo i nostri figli adolescenti al volante di tante Ferrari senza neanche aspettare che avessero la patente. Adesso, almeno, non tappiamo loro gli occhi mentre sono alla guida.

“Me l’ha data o me la sono presa?”

fruit-jelly-3554898_1280

“Me l’ha data.”

A ben vedere, comincia tutto da qui.

Le donne vogliono essere corteggiate. Gli uomini vogliono portarti a letto.

È uno scambio. Nella cultura dominante e negli stereotipi diffusi il sesso è uno scambio. Io te la do, e se te la do significa che tu mi hai dato qualcosa in cambio: attenzioni, un mazzo di rose, un tot di messaggini e di telefonate a discrezione dell’interessata. I più tirchi se la cavano con un paio di complimenti. Il conto no, quello tocca dividerlo, altrimenti sei poco emancipata. Per i più galanti lo scambio include la telefonata del giorno dopo, che deve fare rigorosamente lui, mai lei, altrimenti pare che gli uomini corrano tutti all’aeroporto e prendano il primo volo disponibile per poi cambiare numero di telefono, identità, connotati e tutti gli account social.

Se di scambio si tratta, questo significa che qualcuno può anche saltarsi qualche passaggio e prendersela senza aspettare che gliela diano, un po’ come se sgraffignasse una busta di caramelle al supermercato. Non c’è mica sempre bisogno di immobilizzare la cassiera e tirare fuori il coltello, per la miseria, se sei un po’ abile te la infili in tasca senza tante storie. “Oh, guarda là, che begli occhi quanto sono triste e depresso e mia mamma mi trascurava e il mio capo è uno stronzo e tu sei così comprensiva e così dolce e tanto carina con me per fortuna ci sei tu, e zac, è un attimo, il tempo che la cassiera si distragga e tu hai già la busta in mano e non vorrai mica mollarmi adesso sul più bello, che fai, la gatta morta, provochi e poi ti tiri indietro?” Et voilà, te l’ha data. Facile, no?

Stupro? Ma non diciamo sciocchezze. Se la cassiera stava guardando dall’altra parte è furto lo stesso? Se non aveva voglia, se stava dormendo, se prima dice di sì e poi di no, se è mia moglie, se è la mia fidanzata, se è sbronza, se è già nuda nel mio letto, se dice di non volerlo ma lo vuole eccome, è davvero tanto grave se me la prendo e basta? Stupro? Chi ha parlato di stupro?

In teoria non è difficile: dove non c’è consenso c’è stupro. Ma il consenso strappato a forza è un consenso? Il consenso perché non hai voglia ma se no tuo marito si incazza è un consenso? Il consenso perché altrimenti ti licenziano è un consenso? Il consenso perché lui ha pagato un conto astronomico al ristorante e ti senti in colpa a dirgli di no è un consenso? Il consenso perché non vuoi che vada in giro a dire a tutta la scuola che sei una sfigata è un consenso? E se stai zitta e gemi e apri le gambe è un consenso sufficiente? O meglio tirare fuori un modello prestampato, per sicurezza?

Quanti uomini hanno stuprato una donna e non ne sono consapevoli? Per quanti uomini si è trattato solo di semplificare un po’ lo scambio e prendersela, senza aspettare che lei gliela desse? Quanti uomini sono convinti che basti una fede al dito per assolvere la propria parte dello scambio e che il resto sia dovuto? Quanti uomini sono sinceramente e profondamente convinti, per pigrizia o ignoranza o analfabetismo emotivo, che prendersela fosse un loro diritto, quando non un dovere?

Non basta parlare di consenso. E non basta neanche parlare di potere, perché se è vero che lo stupro è una questione di potere, è altrettanto vero che non lo è sempre. O meglio, a volte basta il potere di essere uomo. Secondo la Treccani lo stupro è “un atto di congiungimento carnale imposto con la violenza”. Eppure quante donne sono state stuprate senza violenza?

Per affrontare la cultura dello stupro bisognerebbe innanzitutto smettere di considerare il sesso uno scambio. Serve una campagna che affronti il tema del consenso in tutte le sue forme e sfaccettature, che insegni alle donne che il sesso non è uno scambio, non è la moneta con cui siamo tenute a ripagare le attenzioni maschili e che il piacere maschile non è una nostra responsabiltà, non più di quanto sia una responsabilità dell’uomo il nostro. Detto in altri termini, possiamo fare a meno di sentirci in colpa se a fine serata ha bisogno di farsi una doccia fredda.

Non basta parlare di sesso nelle scuole, cosa che peraltro si fa ancora troppo poco. Non basta neanche parlare di contraccezione e di orgasmo, che pure è fondamentale. Dobbiamo insegnare alle nostre figlie e ai nostri figli che il sesso non è mai una concessione o un diritto, non lo si dà e non lo si pretende. Dobbiamo insegnare ai ragazzi e agli uomini a riconoscere comprendere e cercare il consenso, e insegnare alle ragazze e alle donne a riconoscere comprendere e cercare il desiderio. Bisogna raccontare il sesso e il piacere dal punto di vista delle donne e smettere di considerarlo una necessità soltanto maschile, neanche Madre Natura avesse dato a loro l’orgasmo e a noi il parto.

Cercheranno di farvi sentire sbagliate, stupide, ingenue, piccole e ignoranti, quando l’unica cosa che vi mancava era il desiderio. Questo dovremmo cacciare in testa alle nostre figlie e alle donne che conosciamo. Cercheranno di farvi passare per guastafeste per mascherare la propria incapacità. Vi daranno delle frigide o delle puttane a seconda di quello che reclama la loro insicurezza. Travestiranno il desiderio e il sesso con il volto di una mascolinità in cui forse non si riconoscono neanche e che proprio per questo rincorrono con più ansia e rabbia del dovuto.

Che paura, un esercito di donne consapevoli del proprio desiderio. Che comodo, tante donne che pensano di dovertela dare, prima o poi. Ma no, dai, ripensandoci, che cosa la facciamo a fare quella campagna? Sai che sbattimento, poi, mettere le mani su quella borsa di caramelle?