Ebook, il futuro è social

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Il primo sbaglio è stato farla sembrare una guerra, fra cartaceo e digitale. Non lo è e non lo è mai stata. Il digitale non ha mai guardato con aria minacciosa il cartaceo annunciandogli che aveva i giorni contati. Gli ha dato una spintarella, al massimo, un fatti più in là, ora raccontiamo in due. Nient’altro. Digitale e cartaceo possono e devono convivere.

Il secondo sbaglio è stato insistere che “un libro è un libro” quando digitale e cartaceo sono diversi, si prestano a situazioni di lettura diverse, hanno dinamiche d’acquisto diverse e devono avere prezzi completamente diversi. Il supporto conta, ha sempre contato, dall’invenzione della stampa in poi, e ha sempre portato a un’evoluzione dei contenuti.

Il terzo sbaglio discende direttamente dal secondo ed è insistere che il digitale debba diventare sempre più interattivo, colorato, animato, sempre più app e sempre meno libro. Non sono d’accordo. I libri interattivi sono uno dei tanti figli del digitale, ma assomigliano più ai giochi di ruolo che alla narrativa e sono destinati, secondo me, a restare una cosa a sé. Alcuni dati recenti mettono in luce che la fetta più grande del digitale se l’è accaparrata l’editoria indipendente, che per la maggior parte è formata da autori che la scelgono come alternativa agli editori tradizionali, ma vogliono comunque un prodotto che assomigli il più possibile ai loro. Non a un gioco di ruolo, che richiederebbe oltretutto competenze e figure professionali completamente diverse.

Eppure è evidente che il digitale è destinato a cambiare, che sta attraversando una fase di passaggio, ancora costola del cartaceo e tentatore solo a metà. Ma che futuro lo aspetta?

La pubblicità a piè di pagina? Gli abbonamenti? La versione letteraria di Ryanair (che ho descritto qui)?

No, sono pronta a scommettere di no. Il rapporto fra lettore e libro è troppo prezioso e fragile. C’è solo un caso in cui siamo disposti a fare eccezione, quando l’intruso ha letto o sta leggendo lo stesso libro che stiamo leggendo o abbiamo letto noi. La longevità e l’affollamento dei gruppi nati sui social con questo scopo sono lì a dimostrarlo. C’è solo una cosa più bella della lettura, è leggere insieme, commentare, confrontarsi, tornare a rivivere le pagine amate attraverso lo sguardo altrui.

Ecco allora come immagino – e come vorrei – il futuro degli ebook: come una sorta di club del libro in diretta. Un po’ ereader, un po’ Goodreads, un po’ store, tutto in uno. Dove se voglio me ne sto per i fatti miei, se sono curiosa sbircio le evidenziazioni altrui e le loro note, se voglio lasciare traccia della mia lettura aggiungo un commento, e magari posso anche chattare alla fine di un capitolo o del libro, trovare recensioni autorevoli e altre meno autorevoli, farmi consigliare la lettura successiva, chiedere in diretta a un lettore inglese com’era in originale una certa frase.

Un digitale sempre meno freddo e solitario, senza profumo e senza peso, d’accordo, ma in grado di raccogliere intorno alle pagine di un libro la comunità dei suoi lettori, anche quando è sparsa ai quattro angoli del globo. L’equivalente digitale dei foglietti e delle storie di vita nascoste fra le pagine dei libri, tanto amati dalla libraia di Il libro dei ricordi perduti.

Un digitale sempre più social, insomma, e sempre meno cartaceo.

Ebook: è cambiato tutto perché non cambiasse niente?

Foto di Des Byrne
Foto di Des Byrne

Una mia conoscente da un po’ fa avanti e indietro fra un marito affidabile e noiosetto e un amante un po’ volgare e molto più giovane di lei. L’altro giorno la incontro e mi dice che è andata a ballare da sola. «Come da sola?» le ho chiesto stupita. «Da sola» mi ha risposto. «Con tutti gli uomini che ho. Perché non ce n’è, che siano zucche o peperoni, dopo un po’ diventano tutti uguali.»

Il commento mi è tornato in mente qualche giorno dopo mentre guardavo la classifica di Amazon dei romanzi rosa. Me la sono letta tutta, dalla prima alla centesima posizione, e continuavo a pensare: «Ma questa è l’edicola. L’edicola del digitale, ma pur sempre l’edicola. È tornato tutto come prima». C’erano gli Harmony di sempre, una sfilza di romanzi senza troppe pretese, qualche chicca inaspettata e qualche classico, capitato lì più per caso che per fortuna, proprio come una volta li si trovava in allegato al quotidiano.

Possibile? Davvero è cambiato tutto perché non cambiasse niente?

La rivoluzione del digitale, tanto gridare alla democrazia, al diritto di pubblicare, leggere a poco, sfondare limiti e pregiudizi, e tutto per ritrovarsi davanti un’altra versione della dicotomia scaffale/edicola?

Non starò qui a indagare le cause, non ne ho le competenze, ma se dovessi tirare a indovinare direi che è il risultato più logico di una politica di vendita che ha scimmiottato il cartaceo, con prezzi assurdamente alti per i titoli “da libreria”, offerte random e un abbassamento altrettanto assurdo dei prezzi sul fronte del self publishing e dell’Unlimited. Tanto che a farne le spese, almeno in termini di classifica, sono proprio le case editrici che nel digitale ci hanno creduto davvero e che l’hanno proposto e venduto come tale, con prezzi non bassissimi e non altissimi, quasi mai superiori ai 5 euro, e scelte editoriali innovative e anche rischiose.

Ma il futuro? Che cosa ci riserva?

La prossima volta che incrocio la mia amica sono curiosa di scoprire se alla fine ha optato per la versione più conosciuta e rassicurante o per quella più azzardata e meno elegante dell’universo maschile. Chissà mai che non ne tragga indicazioni preziose per il futuro del digitale. Prometto di tenervi aggiornati.

Nel frattempo, potremmo cominciare con lo smettere di dire che un libro è un libro e che digitale e cartaceo sono uguali. Non lo sono e non lo saranno mai e possono essere valorizzati solo a partire dalle rispettive differenze.

E sono pronta a scommettere che la mia amica, che non ha alcuna difficoltà a far convivere i due formati e legge in cartaceo in pubblico e in digitale in camera da letto, col cavolo che li trova uguali.

Anche se le raccontano sempre la stessa storia.