I complimenti. Istruzioni per l’uso

Tu prova a parlare di molestie e prima o poi salterà fuori la questione: “Non vi si possono più neanche fare i complimenti?”

Sorvoliamo sul fatto che in una società meno fallocentrica davanti alle molestie e al cat calling e a quello che significa nella vita delle donne, il bisogno di un uomo di esprimere il suo parere sul tuo culo non dovrebbe avere la precedenza. Sorvoliamo anche sul fatto che tutti coloro che si dichiarano sconvolti e offesi dalla tua incapacità di sorridere di un complimento innocente con ogni probabilità non ti avrebbero mai rivolto quel complimento innocente se tu non fossi stata da sola, ma abbracciata a un uomo, per esempio (“Oh, trovi anche tu che la mia fidanzata abbia un gran bel paio di tette? Grazie, amico, molto gentile da parte tua.”) Sorvoliamo perfino sul fatto più ovvio, ossia il fatto che essere considerata alla stregua di un taglio di carne da macelleria non è esattamente un complimento e non è una sensazione piacevole.

Sorvoliamo sui disturbi alimentari legati e scatenati da questo modo di guardare alle donne e da tutti questi complimenti. Sorvoliamo sul fatto che il cat calling è una delle tante manifestazioni della cultura dello stupro. Sorvoliamo sul fatto che i complimenti e i fischi per strada sono l’altra faccia della gelosia, del controllo ossessivo da parte degli uomini, delle donne tenute chiuse in casa perché non camminino da sole e non vengano tempestate di “complimenti”.

Sorvoliamo sull’insicurezza, sul senso di pericolo che si prova a essere bersagliate da commenti sul tuo corpo e su quello che qualcuno vorrebbe farci, bella o brutta che sei, vestita o svestita, perché non esiste un dress code per i “complimenti”, basta essere donna. Sorvoliamo sul fatto che cresci pensando che la colpa sia tua e che il tuo compito di donna sia muoverti nello spazio pubblico facendoti notare il meno possibile, rimpicciolirti, abbassare la testa, vestirti di modestia e invisibilità e non servirà a niente lo stesso, anzi, ma se non lo fai verranno a dirti che la colpa era tua. Sorvoliamo sul fatto che la vostra opinione sul nostro sedere non è necessariamente un complimento, che a molte non interessa proprio conoscerla e che se pensate il contrario è perché viviamo in una cultura in cui il corpo delle donne si misura sulle esigenze e sui desideri maschili.

Sorvoliamo su tutte le cose importanti e fermiamoci su una soltanto: quelli che qualcuno chiama “complimenti”, sì, perfino quelli che sembrano così poco offensivi, in realtà sono uno sfoggio e un’esibizione di potere. Sono il modo in cui alcuni uomini urlano la posizione in cui si trovano rispetto alle donne, il loro posto nel mondo. Chi ti urla che hai un bel paio di tette in realtà ti sta dicendo che può gridartelo e che a te deve interessare e che devi sentirti lusingata, perché lui ha il potere che gli consente di rivolgersi a te senza neanche un saluto e tu hai il dovere di considerarlo un complimento, se non vuoi sentirti dire che sei carica di rabbia o di manie o di presunzione. Quei “complimenti” sono l’equivalente di un “non mordo mica”, una sorta di offerta di docilità, che non sarebbe necessaria se i rapporti uomo-donna non fossero definiti anche, contro la vostra e la nostra volontà, da un patto tacito di non aggressione. Quel patto che diventa inevitabile in una società in cui il potere è in mano a una delle due parti. Quel patto di cui si rischia perfino di subire il fascino, da entrambe le parti.

Quando fate un “complimento” a una donna dietro c’è tutto questo. Siete liberi di ignorarlo, ovviamente. Ma i complimenti, quelli veri, dovrebbero avere più a che fare con chi li riceve e meno con l’egocentrismo, il potere e il bisogno di affermazione di chi li pronuncia. Soprattutto se vengono urlati per strada.

5 risposte a "I complimenti. Istruzioni per l’uso"

  1. Bravissima Roberta. Quanto avrei voluto trovare queste parole quando ero molto più giovane. Per molto tempo ho pensato che la colpa fosse mia ogni volta che ricevevo un commento sul mio corpo, ogni volta che venivo palpeggiata da perfetti sconosciuti, a volte per strada mentre stavo semplicemente camminando per i fatti miei. E allora cercavo di rendermi invisibile, di scomparire, di guardarmi alle spalle, di essere sempre vigile perché non si sa mai quando un uomo decide che tu sei il bersaglio perfetto. E poi pensi perché io, che cosa ho fatto per attrarre un comportamento del genere? Dove ho sbagliato? Cosa posso fare perché non si ripeta più?
    Le tue parole mi hanno commosso perché sono cosi’ vere e ti ringrazio di tutto cuore per averle scritte.

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  2. Grazie a te di cuore per questo commento. Ogni volta che leggiamo le nostre storie scritte con le parole altrui diventiamo un po’ più forti, secondo me.

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  3. Sottoscrivo tutto. Infatti è per questo che ritengo che un complimento vero, magari qualcuno che ti si avvicina rispettosamente a un festa ad esempio, o in un bar, e ti dice “ehi, ciao, ti ho vista e mi piaci molto, ti va se andiamo fuori insieme qualche volta” è su un piano completamente diverso. In quel caso, quello che fa il complimento è stato rispettoso, ha salutato, ha messo la donna che riceve il compliemento nella condizione di accettare o rifiutare il corteggiamento e così via. Ha instaurato in altre parole un rapporto paritario con quella che il complimento lo riceve. Un “apprezzamento” volgare urlato dall’altra parte della strada non ha nemmeno come obiettivo l’instaurare un rapporto, chi lo urla non si aspetta che la donna molestata gli dia il suo numero o qualcosa del genere, lo fa soltanto per dimostrare a se stesso e agli astanti il proprio potere.

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