
Quali sono i campanelli d’allarme per riconoscere un soggetto che rischia di intrappolarci in una relazione tossica? Quali sono le prime avvisaglie? I tratti che li accomunano? Grazie alle testimonianze arrivate sulla pagina Facebook di Rosapercaso ne abbiamo individuati alcuni. Sono segnali che è importante conoscere per capire, prima di tutto, che non siamo noi a essere sbagliate, che non stiamo impazzendo, non siamo paranoiche o troppo esigenti. Per dare retta alla nostra voce interiore quando ci dice che siamo in pericolo. E che no, non è colpa nostra.
1. “Senza di me resterai sola.” Ci sono tanti modi diversi, anche sottili, per arrivare a questa conclusione. Passano dal “Chi vuoi che ti prenda con tutti quei figli/con quel carattere/con quella ciccia” a “Nessuno ti amerà mai quanto ti amo io”. Non importa se vengono spacciate per dichiarazioni d’amore o se suonano come minacce, l’effetto è lo stesso: sminuirti, renderti dipendente da lui. Se è l’unico che può amarti così, significa che non meriti di essere amata da nessun altro, che non vali abbastanza, che non hai scelta. La tua unica possibilità è lui.
2. “Guarda che cosa mi fai fare.” Non è mai colpa sua. Non si mette mai in discussione, non si assume una sola responsabilità. La colpa è sempre tua. Perché lo fai arrabbiare, perché lo obblighi a controllarti, perché gli fai perdere la pazienza, perché non ti fidi di lui, perché ti inventi le cose, non ti ricordi niente, non capisci. Sei paranoica, ossessionata, fuori di testa, finché non ti convinci che è davvero così, che la colpa è tua. L’altra faccia è il vittimismo, nei tuoi confronti, in quello dei colleghi o delle ex fidanzate, che erano tutte cattive, ingiuste e sbagliate. Lui si sacrifica, fa e farebbe di tutto per te, e questo significa che devi concedergli la tua fetta di libertà in cambio, devi fare la tua parte, devi amarlo altrettanto, se non di più. Anche l’assenza di amici di lunga data, segno dell’incapacità di far durare le relazioni nel tempo, può essere un segnale.
3. Il love bombing. Complimenti, sorprese, regali, attenzioni, un “bombardamento” di dichiarazioni magniloquenti e manifestazioni d’amore. Non è sempre facile distinguere il love bombing dall’entusiasmo romantico dell’inizio di una relazione. Quello che lo caratterizza di solito è il fatto di essere troppo, troppo presto. Una parte di noi penserà che è magnifico, che i principi azzurri esistono, un’altra lo troverà un po’ strano, un po’ forzato. La tentazione di crederci spesso è più forte della prudenza, ma il love bombing non è che un’altra forma di controllo e di manipolazione. Un’altra faccia è l’idealizzazione: sei la persona della sua vita, sei perfetta, non troverà mai un’altra migliore di te, ti sposerebbe anche domani e senza avere avuto il tempo di conoscerti. Prima o poi finisce, però, anche di colpo. E allora inizi a dubitare di te stessa, a chiederti che cosa hai fatto per non meritartelo più. La colpa non può essere sua, era così gentile e innamorato e premuroso. Quindi può essere soltanto tua.
4. Le montagne russe. Prima ti idealizza, poi ti mortifica. Prima ti esalta, poi ti sminuisce. Un attimo prima eri perfetta, la migliore in assoluto, e quello dopo dovresti dimagrire, mangiare meglio, lavarti di più, vestirti in modo diverso. Un attimo prima eri tutto per lui, l’attimo dopo ti ignora. Un attimo prima ti inondava di amore ed era una presenza costante e quello dopo è scomparso. Poi torna, però. Torna sempre. Con una sorpresa, un regalo, con le parole che avevi sognato di sentire. E a quel punto non puoi che darti della scema e dubitare di te stessa. Dovresti fidarti di più, sei paranoica, l’hai giudicato male, sei troppo possessiva, troppo esigente, non vedi che uomo meraviglioso è? Come hai potuto arrabbiarti per quella sciocchezza? Quella sbagliata sei tu, non lui.
5. “Non lo vedi come ti trattano?” Ti fa il vuoto attorno, dalla famiglia agli amici, è un susseguirsi continuo di critiche. Si approfittano di te, non sono corretti nei tuoi confronti, non ti meritano. Così finisci per restare sola, lontana dal tuo mondo e precipitata in quello che lui ti ha disegnato attorno, e dubitare ancora una volta delle tue capacità di giudizio.
6. La punizione del silenzio. Nessuna spiegazione. Nessun tentativo di chiarimento. Nessuna possibilità di dialogo. Solo un muro di silenzio che ha lo scopo di punirti, ignorandoti. Può durare anche per giorni e intanto tu stai lì a chiederti che cos’hai fatto di male, dove hai sbagliato. Perché qualcosa, pensi, devi aver fatto per forza. L’idea stessa della punizione e del ricatto come moneta del rapporto è il segnale di una relazione tossica, punizione spesso spacciata per patimento e malessere di chi la impone, confondendo ancora di più le carte.
7. Ogni forma di controllo. Dalla gelosia all’ossessione per l’ordine e la pulizia. Dall’incapacità di accettare un rifiuto alla pretesa di sapere sempre dove e con chi sei. Dalla necessità di avere costantemente ragione al bisogno di imporre la propria visione del mondo e i propri giudizi, di spacciare le proprie opinioni per dati di fatto. Fino al fastidio per tutto quello che riguarda solo te e non lui, che lo esclude, non lo riguarda. Fastidio che può assumere la forma di capricci quasi infantili o diventare rabbia. Anche testare i tuoi limiti, per capire come ferirti e fino a dove può spingersi, è una forma di controllo. Comparire e scomparire a proprio piacimento, accendere e spegnere la relazione come un interruttore e pretendere di imporre il proprio ritmo e i propri tempi. Oltre ovviamente al controllo sulla tua persona, su ciò che indossi, sul tuo corpo e il tuo peso, il tuo taglio di capelli, il tuo modo di parlare, il tuo lavoro, i tuoi soldi…
E noi? Quali sono i segnali che riceviamo da noi stesse?
8. La paura. La paura di raccontare quello che sta succedendo, delle sue reazioni, di contrariarlo. La paura costante di perderlo, di vederlo scappare via senza sapere perché se n’è andato. Ma anche la sensazione di muoverti in punta di piedi e soppesare ogni parola, per anticipare i suoi stati d’animo, per non infastidirlo, per assecondarlo, per non scatenare reazioni negative. Vivere in funzione di quello che pensa o potrebbe fare o non fare, dei suoi cambiamenti di umore repentini, della sua approvazione. Giustificarti in continuazione, anche per cose banali, ritrovarti a difendere i tuoi no. E al tempo stesso normalizzare quello che ti fa stare male, passarci sopra, fingere di non vederlo, come se lasciartelo alle spalle e non sanzionarlo equivalesse a farlo scomparire.
9. La sensazione che ci sia qualcosa che non va. È tutto troppo lontano da te, o troppo vicino. Come se non ti riguardasse del tutto. La sua presenza ti rende tesa e nervosa, ti confonde e ti agita, ti stanca, ti mette a disagio. Sei sconnessa da te stessa, è come guardare alla relazione e alla tua vita da un cannocchiale. Puoi avvicinarti solo fino a un certo punto, se vuoi continuare ad andare avanti.
10. “Sentivo di scomparire.” Non possiamo sentirci sbagliate e inadeguate in eterno. C’è un limite alla possibilità di prendercela con noi stesse, pensare di essere pazze, convincerci di non valere niente, essere insultate e criticate e corrette. Essere sminuite e ridotte al silenzio. Superato quel limite, iniziamo a sparire.