Sei una donna a pois?

Ti è mai successo di nascondere quello che hai comprato appena tornata a casa?

Quando ti prendi tempo per te stessa hai la sensazione di rubarlo ad altri?

Ti capita spesso di dare più peso alle reazioni degli altri che alle tue?

Senti che la felicità altrui e l’armonia domestica sono una responsabilità prevalentemente tua?

Hai mai avuto la sensazione di non essere al centro della tua vita?

Riesci a dire di no senza avere l’impressione di essere aggressiva o ingiusta?

Hai mai messo in secondo piano il tuo lavoro per dare la priorità a quello di qualcun altro?

Hai bisogno di restare da sola per poter essere davvero te stessa?

Hai mai la sensazione di non poterti distrarre un attimo se vuoi che la vita domestica e familiare continui a funzionare?

Rimandi quello che ti riguarda al momento in cui nessuno avrà bisogno di te, per esempio quando tutti sono andati a dormire?

Sei l’unica a sapere dove sono le cose in casa?

Sei l’unica a cui arrivano le email della scuola e/o l’unica nei gruppi whatsapp di classe e delle attività extrascolastiche?

Quando dici quello che ti manca e di cui hai bisogno, hai l’impressione di lamentarti?

Se sei stanca ti senti in colpa nei confronti degli altri prima che di te stessa?

Ti è mai capitato di sorridere per non sembrare aggressiva?

Pensi che il tuo sacrificio sia il collante che tiene in piedi la casa e la famiglia?

Quando sei fuori di casa e hai le mestruazioni, hai la sensazione che lo spazio pubblico non sia fatto per te?

Ti capita spesso di fare o non fare qualcosa per evitare che qualcuno che ti è vicino diventi aggressivo?

Ti è mai capitato di cercare di passare inosservata in uno spazio pubblico?

Hai mai dovuto rinunciare al tuo spazio, sui mezzi pubblici, per esempio, perché era occupato da un uomo che non ne aveva diritto?

Ogni sì a queste domande è un pois viola che possiamo disegnarci o incollarci in faccia. È un’attività che possiamo fare da sole o in gruppo. La violenza invisibile fa male e i pois ci aiutano a vederla, e a cambiare.

Femminismo a pois

I pois viola sono il segno di una violenza invisibile, che viene vissuta ogni giorno da moltissime donne, spesso senza accorgersene e senza saperlo. Ogni volta che ci sforziamo di aderire alle aspettative altrui, perdendoci per strada e facendo violenza su noi stesse. Ogni volta che abbiamo bisogno di restare da sole per essere davvero noi stesse e quando siamo con chi amiamo ci accorgiamo di scomparire. Ogni volta che sacrifichiamo i nostri talenti per andare incontro alle esigenze altrui. Ogni volta che ci sentiamo dire che siamo multitasking per definizione, supermamme, superdonne, un sacco di super, ma senza bastare mai a noi stesse.

Per chi volesse saperne di più o cercasse del materiale per approfondire l’argomento, in vista dell’8 marzo, per esempio, trovate tutto nel file qui sotto.

Per scaricare e leggere “Donne a pois”, invece, potete cliccare qui o sulla copertina del libro.

La violenza invisibile sulle donne

La violenza invisibile sulle donne è quella che ci definisce super e toste e multitasking.

È quella che ti chiama mamma e moglie, perché in fondo basta questo a definirti, basta e avanza. È quella delle mamme che non dormono mai, delle donne che sono il cuore della casa, di “il figlio è muto e la madre lo capisce” e “una mamma vale per cento figli” e “mamma di uno mamma di tutti”.

È violenza invisibile ogni volta che diciamo che le donne sono più pazienti, hanno più capacità di sopportazione, sono più sensibili, sono più attente ai bisogni altrui, sono più efficienti, sono più disposte al sacrificio.

È violenza invisibile quando non ti ricordi più di quello in cui eri così brava, perché è troppo tempo che fai solo quello in cui sono bravi gli altri. Quando nel frigo di casa non c’è niente che ti piaccia e hai appena fatto la spesa. Quando a sederti sul tuo divano ti senti in colpa. Quando il tempo per te è quello che resta quando gli altri hanno finito di averne bisogno. È violenza invisibile quando non puoi distrarti un attimo se vuoi che la casa continui a funzionare, quando sei diventata la bacheca della famiglia, l’agenda, la lista della spesa, il centro di controllo delle vite altrui, e non perché ve ne fosse una reale necessità, solo perché così è più facile. È violenza invisibile quando sei l’unica a sapere dove sono le cose in casa, quando sei l’unica a ricordarsi l’ora della lezione di violino, o a sapere la password della app per pagare le escursioni o l’unica a ricevere le email della scuola (perché mio marito poi si dimentica di tutto) e l’unica nel gruppo whatsapp di classe.

È violenza invisibile quando senti che se ti occupi di te stessa stai rubando qualcosa agli altri, quando porti i tuoi figli dal medico al primo colpo di tosse e tu invece stringi i denti e prendi una pastiglia in più perché non hai tempo. È violenza invisibile quando nascondi quello che ti sei comprata perché non vuoi sembrare spendacciona e superficiale, quando leggi un libro sul cellulare perché così sembri occupata e puoi interrompere appena ti chiamano, quando aspetti che tutti siano andati a dormire per fare quello che vuoi fare in santa pace. È violenza invisibile quando fai o non fai qualcosa “altrimenti si arrabbia”, quando pensi che la felicità degli altri sia una tua responsabilità, quando vivi in funzione degli umori altrui, quando ti rannicchi in un cantuccio della tua vita e pensi che un giorno te la prenderai tutta intera, quando i figli sono grandi quando tuo marito sarà in pensione quando non avrai più il pappagallo a cui pensare e poi i figli crescono il marito va in pensione il pappagallo vola via e tu resti comunque in quel cantuccio a cercare di raggiungerli tutti in qualche modo, anche quando diventi invadente e ingombrante, perché non conosci la realtà se non attraverso i loro bisogni e quel modo di essere utile.

È violenza invisibile quando sorridi a una battuta sconcia solo per non dover continuare nella conversazione, quando lasci che gli altri ti spieghino quello che già sai e meglio di loro, quando ti guardano con un sorriso dispiaciuto se dici che non vuoi avere figli, quando sei costretta a sorridere per non sembrare aggressiva, quando le tue idee diventano automaticamente lamentele, i tuoi bisogni pretese, le tue emozioni fragilità.

La violenza invisibile è questo e molto altro. E non se ne parla ancora abbastanza. E intanto le donne si ammalano di malattie di cui non frega niente a nessuno e sono infelici di un’infelicità che è più facile chiamare inadeguatezza e continuano a credere di non essere fatte per questo mondo, quando è il mondo a non essere fatto per noi e dovremmo pretendere che lo diventi. Se un giorno lanciassimo un urlo, come le protagoniste di “Donne a pois” e ci ritrovassimo tutte la faccia a pois viola, allora saremmo costrette a cambiare e dare ascolto al nostro corpo, la violenza non sarebbe più invisibile e tutti vedremmo quanto è brutta e quanto ci fa male.
E molte donne saprebbero di non essere sbagliate, solo invisibili.

Dieci motivi per cui non ci accorgiamo di avere la faccia a pois

  1. Pensiamo che sia normale, che sia giusto così, che la stanchezza sia inevitabile. E che ci sia un tipo di stanchezza particolare che ti tocca in quanto donna e madre, quello di cui parlano i meme, di cui si sorride insieme. Da nessuna parte ti dicono che fa male e che non è inevitabile, non immagini neanche un cambiamento possibile, se non sfuggendo a quelle che ritieni siano tue responsabilità.
  2. Ci hanno cresciute con l’idea che non faremo mai abbastanza, che il nostro obiettivo non è fermarci, ma riuscire a fare esattamente il contrario, non fermarci mai. Moltiplicare la nostra fatica e farcela bastare.
  3. Il riposo delle donne è mal visto, è quasi sgradevole, soprattutto per le altre donne. Sa di vizio, di pigrizia, di fallimento, è una dimostrazione di inadeguatezza, non un modo di prendersi cura di sé.
  4. La narrazione condivisa spaccia il diritto a fermarci con la lamentela, le nostre richieste di collaborazione con pretese irritanti. Le donne non chiedono, rompono, sono fastidiose per definizione. Non portano argomenti oggettivi, ma percezioni soggettive e distorte della realtà.
  5. Il senso del tempo di una donna si misura su quello che fa per gli altri, non per se stessa. Il nostro tempo inizia quando finiscono i bisogni altrui. Il nostro spazio inizia quando gli altri se ne vanno e lasciano libero il proprio.
  6. Abbiamo paura del vuoto dopo i pois, di tutto quello che può succedere se ci fermiamo davvero. E non abbiamo abbastanza paura di quello che può succedere a noi.
  7. Nessuno ha interesse a dirci che stiamo facendo più di quanto siamo in grado di fare, dal momento che il prezzo lo paghiamo con il nostro corpo e con malattie di cui comunque non frega niente a nessuno.
  8. Conosciamo la tenerezza verso gli altri e non conosciamo abbastanza la tenerezza verso noi stesse. Siamo abituate a riconoscere la forza nella durezza, non nella gentilezza.
  9. Continuiamo a cercare, quasi per istinto, l’approvazione altrui, il permesso, la conferma. E a farne una questione di autostima individuale, non collettiva. Se cresci sforzandoti di imparare che quello che tu pensi di te stessa è sbagliato e quello che pensano gli altri di te è giusto, però, sfido chiunque ad avere un’autostima costruita in modo sano.
  10. Bisogna ribaltare un discorso collettivo che fa comodo a tutti tranne che a noi: i pois non sono il segno che abbiamo fallito, che non siamo all’altezza. Sono il segno che dobbiamo fermarci, dare forza alla nostra voce, fare spazio a ciò che ci rende felici e convincerci che abbiamo il diritto di pretendere una vita che ci assomigli di più. I pois viola che un giorno potremmo vedere allo specchio, come le protagoniste del libro, sono un’opportunità per fermarci e avere cura di noi.

“Donne a pois” è anche un libro, lo trovate qui a 2,99 euro.

Piccolo decalogo maschile contro la violenza sulle donne

1. Chiedi aiuto quando senti di averne bisogno.

2. Ascolta le donne, senza sovrapporre la tua voce alla loro. Conosci il loro corpo senza lasciare che sia il tuo desiderio a definirlo.

3. Non esistono le tue donne e poi tutte le altre, il rispetto non passa dai sentimenti o dall’ammirazione.

4. Non lasciare che la sopraffazione venga spacciata per forza, la prepotenza per virilità, la violenza per piacere, il controllo per amore.

5. Il desiderio sessuale non è mai un’attenuante e o un’assoluzione.

6. Il rifiuto non è un’offesa o un affronto, solo la manifestazione delle opinioni e dei sentimenti altrui. Impara ad accettarlo.

7. Non hai bisogno di una donna accanto per dimostrare quanto vali.

8. Fermati davanti a ogni forma di violenza, inclusa quella verbale o psicologica, e inclusa la tua. Intervieni per sanzionarla e impedire che prosegua.

9. La versione migliore o più interessante di un uomo davanti a una donna non è necessariamente quella che protegge e che spiega.

10. Le donne vengono uccise o picchiate in quanto donne, quindi tutte le donne sono in pericolo a prescindere dalle loro azioni. Questo significa che un uomo che picchia o uccide una donna può farlo in quanto uomo e tutti gli uomini ne sono responsabili, a prescindere dalle loro azioni.

Dieci vocaboli per parlare agli uomini della violenza maschile sulle donne

1. Potere: il potere maschile viene esercitato anche sul corpo delle donne, quando usa il corpo femminile come moneta di scambio, come conferma della propria posizione e del proprio valore, come misura del proprio ego.

2. Violenza: è a sua volta la misura di quel potere e il modo per ottenerlo; la sopraffazione fisica, o la minaccia di quella sopraffazione, sono strumenti di affermazione che vengono accettati e non sanzionati dal gruppo e dalla nostra cultura.

3. Corpo: il corpo delle donne non si esaurisce nei contorni del desiderio maschile; rappresentarlo in modo diverso, in tutta la sua complessità, è il primo modo per restituire il potere su quel corpo all’unica persona che ha il diritto di possederlo, ossia la donna.

4. Voce: se la voce delle donne non conta quanto quella maschile, significa che nel momento in cui si impone su quella di un uomo lo sta sminuendo, sta rovesciando l’ordine sociale, lo sta umiliando e ridicolizzando. Riconoscere il valore della voce femminile significa riconoscere il valore delle loro decisioni, anche a livello sociale, e il potere delle loro decisioni.

5. Responsabilità: parlare di responsabilità maschile non significa parlare di colpa maschile. Ogni volta che una donna viene uccisa o stuprata perché rischia che le succeda in quanto donna, c’è un uomo che uccide e stupra perché sa che può farlo in quanto uomo. È questo il senso della responsabilità, risalire dalle azioni al contesto che le ha rese possibili e accettare il fatto che quel contesto ci riguarda e ci comprende.

6. Sentimenti: i sentimenti sono una speranza gettata nel futuro, che non ci garantisce alcun diritto su quel futuro o sulla persona per cui li proviamo.

7. Libertà: tutto ciò che limita la libertà altrui è reato ed è una forma di violenza che dovrebbe essere sempre sanzionata, anche dal gruppo.

8. Stupro: ogni volta che un uomo fa sesso con una donna senza che lei lo desideri, partendo da una posizione di potere che le impedisce di dire di no liberamente, le sta usando violenza. E quella posizione di potere include la forza fisica.

9. Gruppo: il gruppo ha un ruolo decisivo nella lotta alla violenza maschile sulle donne, perché ha il potere di disinnescare molti meccanismi che la giustificano e la rendono possibile. Sanzionare quei meccanismi significa per esempio riconoscere la mascolinità tossica e denunciarla, oltre a prenderne le distanze; significa accettare ogni sfumatura del maschile e non aggrapparsi, nel racconto collettivo, a un’idea di virilità fondata sulla sopraffazione e sulla forza fisica; significa cambiare il modo di raccontare, desiderare e relazionarsi con le donne.

10. Desiderio: il desiderio non è mai una giustificazione o una forma di assoluzione.

Piccolo dizionario sulla violenza di genere

Se denuncio rovinerò tutto. = Le azioni della persona che denuncio hanno rovinato tutto.

Devi imparare a lasciarti andare. = Devi ignorare la voce che ti dice di stare sulla difensiva.

Che cosa ho fatto di sbagliato, per fargli credere che lo volevo? = In che momento quello che volevo io ha smesso di avere importanza?

Mi sento una nullità quando solo un attimo prima mi sentivo una privilegiata. = Ho a che fare con un manipolatore.

Io al tuo posto gli avrei mollato un calcio e me ne sarei andata. = Non mi sono mai trovat* in una posizione simile quindi parlo a caso.

Sono proprio stupida e ingenua. = Non c’è posto per la mia voce in questa situazione.

Non posso non farlo. = Mi trovo in una situazione di violenza.

Ma è stata zitta e c’è stata, non ha detto di no. = La sua risposta istintiva davanti alla minaccia è stata l’immobilità (o effetto freezing).

Non mi crederà nessuno. = Non mi crederà quasi nessuno, ma scoprirò che esiste una sorellanza preziosa e in molte capiranno che cosa è successo a loro grazie alla mia storia.