La drag queen e il femminismo rosa

Corey Balazowich Segui
Foto Corey Balazowich (CC)

Prendete il padiglione sportivo di un paesino di duemila abitanti. Riempitelo di tavoli da campeggio, carne alla brace, vino e centotrenta signore dai cinquanta in su (con poche eccezioni) riunite per festeggiare la festa della donna. Ora immaginate che per molte di queste signore uscire la sera sia una stravaganza, ma per una volta hanno fatto un’eccezione. Perché l’attrazione della serata è il loro parrucchiere. Lo stesso da cui probabilmente sono andate a farsi la messa in piega per l’occasione. Un parrucchiere attento, affettuoso, dotato con le forbici e che di notte è una bravissima drag queen.

E che fosse bravissima l’ha dimostrato nel giro di mezzo minuto, quando ha attaccato a cantare Beyoncé – rigorosamente in playback, ça va sans dire – fra le clienti fresche di permamente, chiamandole hija de puta e invitandole a palpatine platoniche. Ed è cambiato tutto. Il padiglione non era più un padiglione. Le cinquantenni agitavano le spalle come ventenni. La drag queen si muoveva come una regina (Perché io per strada sono una signora, ma fra le pareti di casa sono una zoccola, sappiatelo, come tutte voi, del resto), la musica impazzava e che ci crediate o no, d’un tratto tutto ma proprio tutto sembrava possibile.

È stato allora, catapultata all’improvviso in un film di Almodóvar, che ho capito che il vero femminismo rosa era quello. Non quello dei discorsi un po’ pizzosi che avevano preceduto la cena. E neanche quello della frase di circostanza detta dalla drag queen perché l’occasione lo richiedeva, e che è suonata falsa e impostata rispetto al diluvio di lustrini, tacchi vertiginosi, piume e ciglia finte che addosso a lei erano più autentici che mai. Perché erano il guardaroba di un sogno, quello che tutte noi avremmo voluto indossare quella sera. Erano il vestito di Cenerentola. Erano quel che ci portiamo dentro e il coraggio di mostrarlo davanti a tutti. Perfino alle tue attempate clienti che fino al giorno prima ti chiedevano di non tagliare la frangia troppo corta e che ora scattavano in piedi e iniziavano a ballare ogni volta che durante un pezzo ti toccavi el paquete.

È questo il femminismo che vorrei. La capacità di sfidare ogni stereotipo di genere per mostrarsi come si è davvero, di mettere in scena i propri sogni, di diventare una diva solo con il coraggio che ci vuole per crederci abbastanza. Senza traccia di volgarità, perché quella che vibrava nella sala era complicità. Possiamo farcela, diceva ogni scatto delle braccia. Se io sono qui, adesso, significa che è davvero tutto possibile. Significa che ciascuna di voi può essere una diva, quando e come vuole, basta che smetta di avere paura.

Le drag queen hanno qualcosa di malinconico, nel loro essere primedonne, protagoniste di uno spettacolo sempre sul punto di terminare. E la stessa malinconia si annidava anche negli angoli della sala, fra tante donne protagoniste di uno spettacolo sempre sul punto di cominciare, sempre rimandato.

Allora viva il femminismo dei lustrini, delle parrucche, del trucco esagerato. Viva il femminismo folle, provocatore, scandaloso, che ci aiuta a mettere in scena tutto quello che ci portiamo dentro. Il femminismo senza vergogna, senza falsi pudori, senza freni. Il femminismo che ha permesso a quelle donne di riscoprire la ragazza che c’era dentro di loro. Il femminismo che permetterà a tutte noi di assomigliare a noi stesse e di seppellire ogni pregiudizio sessista sotto una valanga di paillettes.

15 risposte a "La drag queen e il femminismo rosa"

  1. È perfetto è perfetto, è così!! È questo! Oddioddio, vedo signore seriosissime storcere la bocca piene zeppe di sussiego. Pazienza: l’hai detto così bene, hai trovato le parole giuste per esprimere un pensiero che stentavo a mettere a fuoco.
    Solo un appunto: azzardati ancora una volta a darmi della cinquantenne attempata e ti vengo a cercare.
    Pciù.

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  2. Non so perché ma da sempre la parola femminismo suscita in me reazioni contrastanti, credo sia una questione di etichetta o nomenclatura, un naturale allontanamento da tutto quello che viene catalogato …ma la tua definizione mi conquista e mi ci ritrovo in pieno “Femminismo è la capacità di sfidare ogni stereotipo di genere per mostrarsi come si è davvero, di mettere in scena i propri sogni, di diventare una diva solo con il coraggio che ci vuole per crederci abbastanza”. La terrò a mente!!!
    Grazie grazie, mi sono lasciata immergere in splendidi spaccati alla Amodovar!
    Buona giornata Mara.

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  3. Grazie a te! Ti confesso che anche in me suscitava reazioni contrastanti. Per questo ho pensato che ci fosse bisogno del femminismo rosa, per ritrovare il senso più autentico del femminismo, senza alcune delle sovrastrutture che ha finito per portarsi dietro e soprattutto senza i sensi di colpa che mi generava. Buona giornata!

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  4. Non so se essere d’accordo…anzi, come disse mirabilmente il Trap in una storica intervista, direi che sono completamente d’accordo a metà! Nel senso che se paillettes e lustrini servono a liberare la vera anima certo, evviva, evviva. Ma….possibile che per liberare la vera anima servano queste cose? Non ho una risposta, forse il mio dubbio è legato alla tristezza infinita che da sempre mi scatenano le maschere e il carnevale. Mi tengo questo dubbio, ma non volendo guastare l’atmosfera di festa, toda joia toda belesa e via con le danze!

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  5. di notte è una bravissima drag queen.

    Che cosa distingue una drag queen bravissima da una ordinaria, mediocre o scadente?

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